14 Luglio 2015 - Il vescovo Shomali: «Il via libera rispetto al pronunciamento precedente può essere una reazione davanti al recente riconoscimento ufficiale dello Stato di Palestina da parte della Santa Sede»
Secondo quanto riferisce oggi l’Agenzia vaticana Fides, la Corte Suprema d'Israele, con un pronunciamento per molti versi sorprendente, lunedì scorso ha dato il via libera alla costruzione del «Muro di separazione» tra lo Stato ebraico e la Palestina nel tratto che attraversa la valle di Cremisan.
Una decisione nettamente in contrasto con un precedente pronunciamento, espresso dallo stesso supremo organo giudiziario dello Stato d'Israele, che all'inizio di aprile aveva emesso una sentenza - presentata come definitiva dopo un contenzioso durato quasi otto anni - con cui si bocciava il percorso del Muro proposto da esercito e Ministero della difesa israeliani, e si invitavano le autorità militari israeliane a trovare alternative meno devastanti per la popolazione locale.
La ripresa dei lavori autorizzata dalla Corte sarebbe solo parziale in quanto prevede solo una lieve variante rispetto ai percorsi del tracciato del Muro previsti in precedenza.
La scuola, frequentata da 450 ragazzi, e i due conventi salesiani, che sorgono nell'area interessata, verrebbero a trovarsi, benché chiusi su tre lati, ancora in territorio palestinese, accessibili dalla città di Beit Jala, mentre il Muro relegherà nella parte israeliana i territori agricoli della valle di Cremisan, polmone verde dell’area di Betlemme, appartenenti a 58 famiglie palestinesi della zona.
«Siamo sorpresi per l'incredibile decisione della Corte che autorizza i lavori senza più ammettere ricorso - commenta all'Agenzia Fides il vescovo William Shomali, vicario del Patriarcato latino di Gerusalemme - e cerchiamo di capire le ragioni di questo fatto. Il drastico cambiamento rispetto al pronunciamento precedente può essere una reazione davanti al recente riconoscimento ufficiale dello Stato di Palestina da parte della Santa Sede. Non c'erano state grandi reazioni formali a quel riconoscimento. Adesso abbiamo la sensazione che, come in altri casi, la risposta sia arrivata con la politica dei fatti compiuti».
Il Vicario patriarcale per la città di Gerusalemme avanza anche altre considerazioni: «L'impressione è che non si sia mai davvero rinunciato ad appropriarsi di quei terreni di Cremisan, per avere un'area in cui poter allargare gli insediamenti israeliani di Gilo e Har Gilo, costruiti anche essi su terre sottratte alla città palestinese di Beit Jala. Questa era l'intenzione fin dall'inizio, l'obiettivo a cui si mirava, e a questo si vuole».
Fonte: La Stampa