Dopo le manifestazioni di protesta e le repressioni dei giorni scorsi, nelle piazze di Teheran la situazione ora è calma. Dopo le manifestazioni di sabato scorso, che hanno visto i sostenitori di Mir Hossein Mussavi -il candidato sconfitto da Ahmadinejad - essere attaccati con armi da fuoco dalla polizia nel corso delle proteste contro i presunti brogli elettorali, a queste piazze ora silenziose non resta altro che stare a guardare cosa accadrà nei prossimi giorni.
Almeno 13 morti e 100 feriti. Questo il bilancio degli scontri di sabato in piazza Azadi. Circa 457 persone sarebbero invece state arrestate nel corso degli ultimi giorni. Fra queste, cinque europei considerati "spie" e 25 giornalisti e dipendenti del giornale di Mussavi, "Kalemeh Sabz", che aveva contestato il corretto svolgimento delle elezioni.
Uso improprio di fondi pubblici, nomine pilotate tra gli organizzatori della consultazione, schede senza numero di serie, troppi timbri in circolazione, rappresentanti di lista dell'opposizione tenuti alla larga dai seggi dove forse sono arrivate urne già piene di voti: queste alcune delle irregolarità denunciate dall'opposizione, oltre all'interruzione del servizio "della rete sms" che, se attivo, avrebbe permesso ai rappresentanti di Mussavi di avvertire il quartier generale di eventuali irregolarità.
Mentre il candidato sconfitto chiede la creazione di una commissione, accettabile per tutte le parti in causa, che operi per esaminare tutta la procedura elettorale, il Consiglio dei Guardiani, supremo organo decisionale del Paese, annuncia di non aver riscontrato «irregolarità di rilievo» nelle elezioni ed ha scartato la possibilità di dichiarare nullo il voto per le presidenziali, pur acconsentendo al riconteggio del 10% delle schede. Il parlamento ha già fissato il periodo dal 26 Luglio al 19 Agosto quale finestra temporale per il giuramento del presidente Mahmoud Ahmadinejad, al suo secondo mandato, e per l'insediamento del nuovo governo.
Condanne contro la repressione attuata dalle forze di polizia iraniane sono arrivate nelle ultime ore da Unione Europea e Stati Uniti. Critiche per l'uso della forza contro i civili sono state espresse anche dal Segretario Generale dell'Onu, Ban Ki-moon, che ha invitato le autorità iraniane "al rispetto dei diritti fondamentali civili e politici, e in particolare al rispetto della libertà d'espressione, della libertà di assemblea e della libertà di informazione".
Intanto in Iran il web è stato censurato attraverso l'uso di tecnologie europee. E' quanto ha rivelato il Wall Street Journal, mettendo in evidenza come la multinazionale tedesca Siemens e la finlandese Nokia siano le principali fornitrici di tecnologie che hanno permesso al regime iraniano di controllare e censurare internet ed esaminare il contenuto delle telecomunicazioni online su ampia scala.
Anche l'Italia sarebbe tra i fornitori di microspie, apparati per le intercettazioni telefoniche e radio, know how per la bonifica di ambienti. Siamo infatti i primi partner commerciali di Teheran in Europa. Come ha affermato il Premier Silvio Berlusconi in occasione della sua visita al Presidente USA Barak Obama, il nostro Paese è cruciale per i progetti iraniani di esplorazione ed esportazione petroliferi.
Da una ricerca di Unimondo sul database del commercio estero dell'Istat, risulta che solo nel 2008 l'Italia ha esportato in Iran merci per un valore di oltre 13,6 miliardi di euro. Dall'Iran il nostro Paese ha invece importato merci - e soprattutto petrolio- per un valore di oltre 25 miliardi di euro.
Nel frattempo, il ministro degli Esteri iraniano Manuchehr Mottaki ha confermato che non parteciperà alla riunione allargata dei ministri degli Esteri del G8 a Trieste. Probabilmente certo che, al di là delle momentanee schermaglie diplomatiche, gli interessi commerciali continueranno a prevalere sulla parola "libertà".