01 febbraio 2013- Gabriele Buracchi volontario VIS in Sudan ci racconta la sua esperienza a Karthoum attraverso la visita alle scuole dove il VIS ha realizzato nel 2012 il progetto “Child Friendly Learning Space for Retournee Children of Mayo” e oggi sta implementando attività di sostegno educativo. Il progetto è finanziato dall’associazione Cerveteri Solidale Onlus, da UNICEF e da fondi privati del VIS, con l’obiettivo di provvedere all’istruzione di 600 bambini originari delle zone in conflitto come i Monti Nuba o in attesa da mesi di rientrare con le loro famiglie in Sud Sudan.
"Se volessimo valutare una giornata appena trascorsa, potremmo dire che è stata una giornata costruttiva, o una giornata così così, o che c’è ancora molto da fare. Qui a Khartoum a volte capitano delle giornate da cui scaturiscono tutti questi stati d’animo, proprio ciò che è successo oggi.
Dovete sapere che non è facile accedere al campo: Carlotta, volontaria e rappresentante del VIS in Sudan, era riuscita ad entrarci solamente una volta in compagnia dell'Ambasciatore Italiano nel settembre 2012.
Oggi, però, è stata una giornata costruttiva, perché ora è permesso ai volontari VIS di entrare nel campo profughi di Mayo senza scorte di prestigio e la nostra presenza al "Campo" è accettata dalle Autorità Locali. il VIS, infatti, tramite l’ONG locale MedSIN, è una delle poche organizzazioni ad avere accesso a Mayo e a dare assistenza ai bambini che vengono dai Monti Nuba e dal Sud Sudan che vivono a Mayo. Durante la visita siamo stati accompagnati da Ahmed el-Sadiq - VIS liason officer - e dal Local Leader del "Campo", senza i quali non potremmo accedere a Mayo e sono i nostri angeli custodi.
Al nostro arrivo le scuole erano gremite di bambini e bambine, ragazzi e ragazze dai 6 ai 14 anni, in attesa di mettere in pratica i convenevoli appresi per accogliere i visitatori. Un’atmosfera gioviale, tra canti locali e inni nazionali del Sudan e del Sud Sudan, una bella prova di integrazione e di rispetto delle due macro-comunità presenti in questo paese. Gli alunni erano tutti a proprio agio e quando gli è stato chiesto cosa avrebbero voluto fare da grandi, una miriade di mani alzate, frementi, in attesa di poter esprimere un desiderio “Karima: Io voglio fare la dottoressa”; “Ibn-Khalid: Io l’ingegnere”; “Ahmed: Io il pilota” e dopo uno scherzoso suggerimento dell’insegnante “Io voglio fare l’insegnante” e a questo punto c’è stato un fragoroso applauso condito da rumorose risate.
Oggi a Mayo è stata una giornata così così. Gli alunni/e accorrono per la colazione. Un piatto di lenticchie e una pagnotta di pane, che viene adagiato al centro dei gruppi di 5 bambini, creatisi spontaneamente, senza bisogno di direttive degli insegnanti. Un pensiero positivo affiora nella mia mente “questo è un esempio di condivisione della loro cultura” e spontaneamente comunico il mio pensiero all’insegnante, la quale mi parla dell’innocenza dei bambini e della naturalezza con cui offrono il pane al vicino di banco, anche se il loro è troppo poco, e poi mi apre gli occhi portandomi una fila di piatti e scodelle, all’incirca 15, spiegandomi la vera ragione del pasto condiviso “Questi sono gli unici piatti che abbiamo per tutti i nostri bambini. Facciamo mangiare le classi a due alla volta, perché altrimenti non avrebbero i piatti dove poter mangiare”
Anche alla carenza di quaderni si risponde con abilità e fantasia: sono stati creati dei block notes, tagliando in due i quaderni a disposizione e tenendo le pagine insieme da un pezzo di adesivo alla base. Un pallone sgonfio e le poche matite disponibili dei colori che ai bambini proprio non piacciono – marrone, nero, grigio e un po’ di viola – un arcobaleno, un fiore, una farfalla non possono essere colorate con questi colori che non rispecchiano affatto il desiderio di sognare dei bambini.
Di fronte a queste evidenti necessità, iniziamo a concertare la scarsità dei materiali didattici (quaderni, penne, matite). Nonostante l’impegno del VIS, i materiali non sono mai abbastanza e le scorte sono ormai al limite.
Dalla giornata di oggi ho capito che c’è ancora molto da fare: un totale di 17 classi delle quali 5 in muratura, 7 costruite in terra e paglia e le rimanenti crollate per mancanza di fondi per il restauro necessario al termine della stagione della pioggia; lo stesso destino per i bagni, alcuni fatiscenti e altri crollati sotto le intemperie. Anche gli stipendi degli insegnanti sono garantiti dai fondi (non illimitati)del VIS.
Gli insegnanti che vengono dal quartiere popolare di Omdurman, dall’altra parte della città e impiegano buona parte del proprio stipendio per gli spostamenti e l’impossibilità di assumere insegnanti dei quartieri vicini, perché gli standard di vita sono più alti e coprire i loro salari risulterebbe proibitivo per le risorse del progetto.Al termine di una giornata così ci si trova ad un bivio. Da un lato la strada della demotivazione e dall’altro quella della motivazione. Riflettendo devo dire di aver scartato immediatamente la prima e imboccato a tutta velocità la seconda. Non poteva essere altrimenti, perché dopo aver constatato la situazione in cui vertono le strutture, la motivazione di studenti e insegnanti, l’impegno di chi potrebbe lavorare in una scuola privata con salari molto più consistenti - come il community leader, a cui invece per essere appagato bastano sorrisi e piccoli successi - crederci e continuare a lavorare duro sembra davvero essere l’unico cammino da intraprendere.
Perché un giorno potrebbe sempre arrivare la bella notizia di un progetto consistente approvato o di nuovi fondi raccolti e di donatori coinvolti, e perché un giorno Ahmed potrà augurare buon viaggio ai passeggeri del volo AY455 della Qatar Airlines.
Insha’llah! Se Dio Vuole!"
Gabriele Buracchi, volontario VIS in Sudan