5 dicembre 2012 – Settimana intensa nella regione del Moxico, una delle aree geografiche più disagiate di un paese dai più sconosciuto, l’Angola, profondamente ricco di risorse naturali - petrolio e diamanti - da sempre al centro degli interessi economici delle grandi potenze internazionali.
Il VIS – Volontariato Internazionale per lo Sviluppo – opera nel paese dal 1991 a fianco dei salesiani di Don Bosco, per promuovere e proteggere i diritti di bambini, bambine e i giovani in condizioni di disagio.
In questi ultimi due giorni si è concluso il progetto realizzato con l'UNICEF ed è gunta a termine l'attività formativa prevista nel progetto Unione Europea/MAE a favore dei bambini di strada di Luanda.
Il racconto della nostra volontaria in loco, Silvia Montevecchi:
“Si è svolto venerdì 30 novembre l’ultimo degli incontri di formazione all’interno del ciclo rivolto agli educatori per bambini di strada di Luanda, nell’ambito del progetto finanziato dall’Unione Europea e dal Ministero degli esteri italiano, promosso dal VIS nella capitale angola.
Molti gli argomenti trattati nel corso di 3 anni di progetto: pedagogia salesiana, ruolo e metodologia dell’educatore di strada, come fronteggiare il traumatismo di questo tipo di ragazzi e adolescenti, il loro uso di droghe, la promiscuità e violenza, eccetera. Quest’ultimo incontro del 2012 si è focalizzato sulla programmazione educativa: a cosa serve? Come si fa? L’approccio utilizzato, come sempre, quello partecipativo, che non vuole dare risposte, ma cercarle insieme, con il gruppo dei partecipanti. Il dibattito dunque è stato molto animato sin dall’inizio, partendo dalle provocazioni del formatore, e dal materiale preparato ad hoc. Cosa significa fare un’analisi del contesto? definire gli obiettivi? E come scegliere le attività per cercare di realizzarli?
Tanti, naturalmente, gli aspetti da prendere in considerazione, per programmare attività con bambini come quelli dei nostri centri: bambini che si portano dietro tanta sofferenza, storie di abbandono, spesso di violenza, di vita ai margini, con gli espedienti più diversi. Spesso, bambini inesistenti, perché non dichiarati alla nascita.
Un’attività con questi bambini deve avere sia componenti didattiche, sia tante mete psico-affettive, per ricostruire cuori e menti feriti.
Lunedì 3 e martedì 4 dicembre, si sono tenuti gli eventi pubblici di chiusura progetto VIS-UNICEF-DIOCESI, nella città di Luena, est Angola.
Luena è la capitale del Moxico, la regione più grande, più povera, più colpita dalla guerra, più affettata dalle mine antiuomo.
Moltissimi furono gli abitanti a scappare negli anni della guerra: verso lo Zambia, verso il Congo, dove tra l’altro, si parlano altre lingue, non il portoghese.
Dopo la guerra, in tanti sono tornati, e continuano a tornare. Ma i danni che una guerra lascia sul campo, sono immensi. E non sono solo le case e i ponti distrutti. Non sono neppure solo gli anni di scuola persi da generazioni di individui. Sono anche tutte le conoscenze che sono andate perdute, perché non è stato possibile tramandarle di padre in figlio, fosse anche solo come si costruisce una casa tradizionale, o come si coltiva un orto.
Così oggi Luena conta 400-500.000 persone, molte delle quali senza istruzione, e senza competenze neppure agricole, per l’autosufficienza alimentare.
Il VIS con l’Unicef e la Diocesi hanno portato avanti un progetto a sostegno di famiglie contadine, proprio per dare loro delle competenze e delle attività produttrici di reddito. Il tutto, come ha ben esposto il Vescovo Mons. Tirso Blanco, all’interno di un programma di rivitalizzazione della cultura locale choque, che la diocesi ha intrapreso da tempo: con la pubblicazione del dizionario portoghese-choque, nonché la grammatica della lingua choque; con gli studi e le pubblicazioni sulla medicina tradizionale locale; e ora anche con questo progetto, che ha cercato anche di rivitalizzare le competenze agricole, nonché l’antica architettura popolare (nessuno qui sa ormai più costruire le case come le facevano i loro padri: eppure, erano ben durature!).
Tanti i beneficiari: tante famiglie che hanno avuto pezzi di terra e strumenti per coltivarli, nonché kit di vario genere per migliorare le condizioni di vita e il bilancio familiare.
Questo paese cresce a ritmi vertiginosi. E si sa che quando una macchina è in corsa, non tutti possono reggere la gara. Molti soccombono. Questi progetti di aiuto sono probabilmente piccole gocce nel mare del business che vede coinvolti movimenti politici con grandi imprese, cinesi e brasiliane in primis.
Ma proprio perché il VIS si rivolge ai più piccoli, a chi non è in grado di correre al passo delle grandi imprese e della generale globalizzazione, questi progetti colgono nel segno.
E in questi giorni lo abbiamo toccato con mano, anche per la festa, i ringraziamenti, la commozione vissuti”.
Silvia Montevecchi, volontaria VIS in Angola