2 maggio 2016 - Pubblichiamo di seguito un’intervista a Teresa Sassu, volontaria della Caritas in Nepal. Ad un anno di distanza dal terribile terremoto che sconvolse il Nepal il 25 aprile 2015, Teresa ci racconta qual è l’attuale situazione del Paese.
Ciao Teresa. Che situazione hai trovato quando sei arrivata in Nepal?
Sono arrivata a Kathmandu l'8 febbraio scorso, agli sgoccioli dell'inverno. La città mi ha accolta con il suo traffico caotico, l'esplosione di colori dei salwar kameeze delle donne, la polvere sottile che ti si appiccica addosso, i cumuli di macerie ai lati delle strade e i segni visibili del terremoto devastante dello scorso anno.
Abbiamo dei progetti di ricostruzione di quattro scuole in alcuni villaggi. Puoi spiegarci il perché di tanti rallentamenti?
La situazione in cui versa il Nepal è piuttosto complessa. La fase di ricostruzione è stata rallentata (per non dire bloccata) da problemi politici legati alla nuova Costituzione che ha reso il Paese laico. Tale decisione non è piaciuta alla vicina India, che ha chiuso il confine meridionale, impedendo il passaggio di beni, tra i quali benzina, gas e materiali da ricostruzione. Tutto ciò ha comportato una situazione di stallo generale e di incertezza, che permangono tuttora. Inoltre, la cronica instabilità politica non permette di arrivare a decisioni definitive in materia di ricostruzione, alimentando lo stato d’indefinitezza generale e, di fatto, bloccando qualsiasi attività, lasciando la popolazione delle aree colpite in situazioni davvero precarie. Oltre a ciò, va considerata la corruzione dilagante alla quale, giustamente, le ONG e le Congregazioni religiose non vogliono piegarsi.
Ed i bambini come studiano adesso?
La Nepali Don Bosco Society (l’ONG salesiana che si sta occupando della ricostruzione post-terremoto con l’aiuto del VIS) non si è arresa, e se da un lato segue tutte le pratiche burocratiche ed organizzative per avviare la ricostruzione delle scuole “vere”, dall’altro ha provveduto a costruire delle scuole temporanee, utilizzando bambù ed altro materiale locale, permettendo ai ragazzini di continuare a frequentare e condurre una vita "normale". La popolazione è contenta perché gli edifici, seppur semplici e realizzati con poco, sono resistenti e permettono la continuazione delle attività scolastiche. Ovviamente continuano a chiedere di realizzare nuove scuole ma fino a quando il Governo non fornirà delle direttive precise, non sarà possibile iniziare i lavori.
In generale, come ti sembra la situazione post terremoto? Sono ancora visibili gli effetti?
Gli effetti sono visibili tra le strade della capitale e nei villaggi dei distretti più colpiti. Parecchie case, scuole, ambulatori sono sventrati, altri danneggiati parzialmente ma inutilizzabili in quanto pericolanti. Il trauma subito lo scorso anno ha segnato la popolazione e i bambini non vogliono rientrare nelle vecchie scuole. Questo è uno dei motivi principali per i quali è necessaria una ricostruzione rapida per permettere ai nepalesi di condurre la vita pre-terremoto.
Un’immagine che ti fa pensare al futuro per i bambini del Nepal?
Che le bambine che ora vanno a raccogliere acqua al fiume possano al più presto sedersi ai banchi delle scuole ricostruite.