11 ottobre 2016 - Elisa Salvaneschi, cooperante del VIS in Haiti si trovava nella capitale quando l'uragano Matthew ha devastato buona parte di questo paese. Un paese su cui, negli anni, si sono abbattute diverse catastrofi naturali che non hanno fatto altro che aggravare la situazione già difficile in cui si trova questo Paese. Vi proponiamo il suo racconto.
"Haiti balza alla cronaca mondiale ogni volta che il paese è colpito da una catastrofe, il che purtroppo avviene con una certa frequenza. Senza voler scomodare la sua storia, basta guardare l’ultimo decennio – tensioni politiche continue, il famoso e mediatico sisma del 2010, l’epidemia di colera, un’economia fragilissima e ostaggio ora da un processo elettorale senza fine da più di due anni e ultimo, settimana scorsa, l’uragano Matthew. Matthew è arrivato nella notte tra il 3 e il 4 ottobre e ha puntato dritto sulla parte più povera del paese dove la popolazione ancora in maggioranza rurale vive soprattutto di agricoltura di sussistenza, pesca…poche e precarie già prima le infrastrutture. Con il passare delle ore sembra chiaro che anche quel poco esistente prima ora non c’è più: queste le tragiche informazioni che a fatica stanno arrivando attraverso la protezione civile e le organizzazioni che si stanno occupando del coordinamento e delle attività di emergenza: valutazione e stima dei danni e delle vittime, messa in sicurezza delle persone colpite, fornitura delle prime necessità; lasciando perdere le cifre che al momento danzano da un numero all’altro a seconda della fonte, quello che sembra ormai certo e lo era praticamente da subito è che Matthew e i suoi venti superiori ai 200 km/h e i più di 1000 mm di pioggia caduta nelle ore del suo lento passaggio hanno lasciato alle spalle scenari di devastazione in tutta la zona meridionale dell’isola e che le conseguenze dirette e indirette peseranno sul paese per lungo tempo, facendolo ripiombare nell’incubo del colera, nell’incertezza di elezioni rimandate, in una parola in emergenza. Questo è quello che si percepisce qui nella capitale Port au Prince che da Matthew è stata graziata (allagamenti, alberi caduti, poche le case direttamente danneggiate). Anche qui si è vissuta l’attesa dell’arrivo in allerta, durata in totale 4 giorni, durante la quale non vivendo direttamente gli effetti della tempesta, c’era l’apprensione di non sapere bene cosa stesse accadendo nell’occhio del ciclone, se i suoi effetti erano devastanti come ci si aspettava o meno intensi, quanto sarebbe durato e cosa avrebbe lasciato alle sue spalle; le notizie, qualche immagine amatoriale hanno accompagnato per tutto il tempo chi era al sicuro qui in capitale, ma erano spot che lasciavano immaginare solamente l’interezza della situazione, per quanto grave apparisse da subito. Mercoledì mattina sotto un cielo grigio ma senza pioggia, Port au Prince ha ricominciato la sua routine, meno traffico, ma girando per le strade della capitale niente segnalava la devastazione di cui il paese era stato vittima nelle ore precedenti, anche se tutti sapevano che le 48 ore precedenti avevano cambiato la vita per migliaia di persone…vittime e feriti, rimasti senza casa, edifici danneggiati, alberi e campi distrutti, strade interrotte, detriti e fango…
Ora inizia il difficile: coordinare le azioni, attivare i canali di emergenza, stabilire le priorità, gestire gli aiuti, prevenire altre emergenze che potrebbero nascere – già si contano i casi di colera e si teme una nuova epidemia-. Il governo provvisorio sembra reagire tempestivamente e gli aiuti stanno arrivando, ma siamo solo all’inizio; la speranza di tutti è che si possa avere una risposta tempestiva, efficace e che possa fare uscire dall’emergenza il prima possibile, per permettere di ricondurre il paese in quel percorso di sviluppo a cui cosi faticosamente si stava affacciando".
Elisa Salvaneschi, cooperante VIS Port-au-Prince, Haiti