Giornata Mondiale dei Poveri: in Italia un milione di giovani sotto la soglia di povertà assoluta

15 novembre 2018 - Don Giovanni D'Andrea, Salesiano, ci offre una panoramica sulla povertà educativa in occasione della Giornata Mondiale dei Poveri, indetta da Papa Francesco, che si celebrerà domenica prossima.

 

Nel non troppo lontano 2014 l’organizzazione Save the Children Italia ONLUS pubblicava il rapporto “La lampada di Aladino” che sensibilizzava la società italiana a prendere sempre più in considerazione il fenomeno della povertà educativa minorile. Lo scopo del rapporto era quello di ricavare in via sperimentale un Indice per misurare la Povertà Educativa (IPE), questo era possibile  grazie al contributo di un comitato scientifico composto da esperti italiani, tra i quali, Daniela Del Boca, Maurizio Ferrera, Marco Rossi-Doria, Chiara Saraceno, ed il supporto di Enrico Giovannini e Ilaria Madama, oltre che dell’Università di Oxford, ed attraverso una consultazione alla quale hanno partecipato circa 200 ragazzi di età compresa tra i 12 e 18 anni.

La povertà di opportunità educative non si evince soltanto dalle scarse performance degli alunni italiani nel mondo scolastico ma si manifesta negli altri molteplici contesti di vita e di sviluppo dei bambini. In Italia sono molti i bambini e gli adolescenti che non hanno la possibilità di crescere attraverso lo sport, il contatto con la bellezza e la cultura. Dopo un lavoro di ricerca e ricognizione dei principali dati attualmente disponibili su scala regionale sono stati selezionati 14 indicatori ritenuti significativi per costruire il primo e sperimentale Indice di Povertà Educativa:

1. Copertura dei nidi e servizi integrativi pubblici; 2. Classi a tempo pieno nella scuola primaria; 3. Classi a tempo pieno nella scuola secondaria di primo grado; 4. Istituzioni scolastiche principali con servizio mensa; 5. Scuole con certificato di agibilità/abitabilità; 6. Aule connesse ad internet; 7. Dispersione scolastica; 8. Bambini che sono andati a teatro; 9. Bambini che hanno visitato musei o mostre; 10. Bambini che hanno visitato monumenti o siti archeologici; 11. Bambini che sono andati a concerti; 12. Bambini che praticano sport in modo continuativo; 13. Bambini che utilizzano internet; 14. Bambini che hanno letto libri.

Il concetto di povertà educativa è noto anche a livello europeo, se si considera che la stessa raccomandazione della Commissione europea del febbraio del 2013 “Investire nell'infanzia per spezzare il circolo vizioso dello svantaggio sociale, si articola in pilastri e strategie, tra cui è incluso non solo il “Rafforzare l’influenza del sistema educativo per il contrasto del disagio sociale”, ma anche “Incoraggiare la partecipazione di tutti i minorenni ad attività ludiche, ricreative, sportive e culturali”.

Il Parlamento Europeo ha approvato una risoluzione sul contrasto alla povertà minorile che va nella stessa direzione in quanto prevede l’adozione di una Child Guarantee, ovvero uno strumento volto a combattere la povertà minorile nei suoi aspetti multidimensionali e quindi comprensivi anche delle opportunità educative.

Anche in Italia si è iniziato a prestare attenzione alla povertà educativa: l’indagine conoscitiva della Commissione parlamentare per l’Infanzia, presentata a giugno 2015, si riferisce alla povertà dei minori nelle sue diverse dimensioni, ivi compresa la povertà educativa, e chiarisce che tale concetto descrive un ambito più ampio di quello meramente scolastico, riprendendo la definizione data da Save the Children.

Il “IV Piano nazionale di azione e di interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva” approvato dall’Osservatorio nazionale infanzia e adolescenza in sessione plenaria in data 28 luglio 2015, individua quatto tematiche prioritarie tra cui quella del contrasto della povertà dei bambini e delle famiglie. In tale ambito sono stati individuati degli obiettivi generali da perseguire, tra cui una particolare attenzione è riservata al diritto dei minorenni a partecipare alla vita sociale quale modalità per contrastare la loro esclusione. Nell’ambito dell’apprendimento informale, è necessario incoraggiare la partecipazione di tutti i minorenni ad attività ludiche, ricreative, sportive e culturali. Per garantire parità di accesso viene raccomandato di eliminare gli ostacoli legati al costo, o alle differenze culturali, incoraggiando le scuole, ma anche le autorità locali, a prevedere attività e servizi parascolastici per tutti, a prescindere dalle possibilità economiche delle famiglie di appartenenza dei minorenni. 

 

Le povertà educative si riferiscono anche alla mancanza di opportunità di apprendere nello spazio dove i bambini crescono e vivono. Avere un teatro, un museo, un sito archeologico vicino casa diventa strumento efficace per combattere le povertà educative solo quando a tutti i bambini, a prescindere dalla loro condizione sociale ed economica, viene offerta la possibilità di accedervi ed usufruirne.

La povertà educativa compromette il presente ma anche il futuro di un bambino, a rischio di ritrovarsi, una volta adulto, ai margini della società e del mondo del lavoro. Come in un circolo vizioso, la povertà educativa alimenta quella economica, e viceversa.

 

L’allora Governo Renzi aveva inserito la “povertà educativa” nell’agenda del Governo attraverso l’istituzione in via sperimentale nella Legge di stabilità per gli anni 2016-2017-2018 di un fondo dedicato specificatamente al contrasto della povertà educativa minorile, alimentato dalle Fondazioni di origine bancarie, per gestire tale fondo è stata creata l’Impresa Sociale Con i Bambini che potremmo definire una gemmazione della Fondazione Con il Sud, ma in questo caso l’ambito di intervento è su tutta Italia. In questi anni sono stati espediti diversi bandi per progetti socio educativi a favore delle fasce giovani: 0-6 anni, 11-17 e 7-13 anni, i progetti selezionati sono già avviati per la fascia 0-6 e 11-17 anni e tra qualche mese anche quelli per la fascia 7-13 anni.

Riguardo la povertà le statistiche sono sempre più drammatiche, gli ultimi dati dell’ISTAT in riferimento al 2017 ci dicono che sono 1 milione e 778 mila le famiglie in povertà assoluta nelle quali vivono poco più di oltre 5 milioni di persone. Tra questi 5 milioni, poco più di un milione sono giovani sotto i 34 anni. Il Mezzogiorno d’Italia risulta essere sempre più povero e le famiglie immigrate sono tra quelle con le maggiori difficoltà.

 

Può sembrare che la povertà educativa minorile sia un fenomeno comparso da poco, ma in realtà così non è. La Chiesa italiana e le organizzazioni che a lei si rifanno, da anni operano in questo ambito, basti pensare all’opera pastorale di San Filippo Neri nel 1500 o a quella di San Giovanni Bosco e San Luigi Orione dalla seconda metà dell’800 fino ai nostri giorni. Molte sono le realtà che operano per contrastare la povertà educativa minorile, una degli strumenti di contrasto è l’opera degli Oratori e dei Centri Giovanili molti dei quali sorgono in zone popolari ed alle volte depresse dei centri abitati, in Italia sono più di 8.000 secondo una ricerca commissionata dal Forum degli Oratori Italiani e dal Servizio per la Pastorale giovanile della Chiesa italiana all’IPSOS di Nando Pagnoncelli che ha curato la redazione del libro “Un pomeriggio all’Oratorio”.

 

In ambito di contrasto alla povertà educativa una delle attività principe messa in atto dagli oratori è quella del “Doposcuola”, 83% è la media nazionale degli oratori che mettono in atto questo servizio (89% al nord, 83% al centro, 74% al sud). Un servizio che si fonda molto sui volontari. Le attività di doposcuola assumono diverse modalità, da quello semplice dell’aiuto nel fare i compiti alla forma integrata che oltre al classico aiuto nei compiti si aggiungono attività di socializzazione, sportive, di arti espressive (teatro, danza, canto, musica), focus group tematici. Queste ultime attività espressive sono svolte dall’88% degli oratori. Un’altra attività con un forte trend è quella sportiva con l’83%.

L’oratorio offre anche per gli adolescenti e giovani l’occasione di mettersi al servizio in attività di animazione ludica e formativa per i più piccoli il cui momenti clou è in estate con i famosi GREST o Esate Ragazzi e gli immancabili campeggi. Vanno anche considerate le gite elemento in cui si mettono assieme l’aspetto ricreativo, culturale ed ecologico - ambientale, un mix che aiuta il giovane a crescere culturalmente in queste dimensioni.  Il coinvolgimento dei giovani si concretizza anche nelle attività caritative e di volontariato.

Va anche considerato un altro aspetto socio-educativo svolto dall’oratorio, quello di essere luogo di inclusione per le diverse etnie che sempre più vivono in Italia. È in oratorio oltre che a scuola che i giovani di “seconda generazione” vivono processi di inclusione e se ben guidati dagli adulti ed educatori possono mettere a frutto la ricchezza che ogni cultura ha in sé. Questo apre anche ad un interessante confronto interreligioso.

Forse parlando di oratorio la nostra mente va a configurare l’immagine di cortili, campi da gioco, sale, bigliardini ma questi sino da considerare come strutture. L’essenza dell’oratorio sono le persone, le diverse generazioni che si incontrano, i ragazzi ed i loro animatori più grandi, gli educatori, i genitori da coinvolgere sempre più e sempre meglio nel dialogo educativo. C’è il rischio infatti che l’oratorio sia visto come luogo accuditivo, un “parcheggio ad ore” per cui i genitori possono respirare un po’ e svolgere attività in maniera più libera, ma l’oratorio è invece un luogo educativo aperto alla collaborazione di tutti. Don Michele Falabretti, Responsabile nazionale della Pastorale Giovanile della Chiesa Italiana lo definisce insieme alla scuola “la più grande palestra di umanità e di relazioni umane che si possa immaginare”.

Le relazioni umane rappresentano una valida risposta alla povertà educativa minorile, è nella relazione che le persone si incontrano, si ascoltano ed avviano un dialogo che fa crescere ognuna delle parti, l’adulto chiamato sempre più a vivere da persona significativa ed il minore ad assumersi la sua responsabilità di continuatore ed erede del patrimonio culturale che una comunità educante gli affida e così di generazione in generazione.

Sono queste le azioni e soprattutto le persone che possono permettere anche in questo ambito di “Chiudere la forbice” di un divario che rischia di generare sempre più povertà e disuguaglianza. La “forbice” non si chiude certo da sola, ha bisogno di persone che diano “anima” alle strutture ed organizzazioni, vale sempre di più quanto dice Papa Francesco in Evangelii gaudium al n. 273 “Io sono una missione su questa terra, e per questo mi trovo in questo mondo”. Coraggio allora il lavoro non manca, nel fare questo va sempre più rafforzata la “rete”, il lavoro in sinergia che unisce carismi e competenze perché insieme è più facile e le probabilità di successo sono più alte.

 

Don Giovanni D’Andrea SDB

Salesiani per il Sociale