25 luglio 2014 – All’indomani del gravissimo attacco alla scuola delle Nazioni Unite e dell'attacco sul quartiere di Al Shijaia e con il bollettino odierno del Ministero della Salute palestinese che conta 805 morti e oltre 5mila feriti, Nico Lotta, presidente della ong VIS (Volontariato Internazionale per lo Sviluppo), dichiara “E’ urgente che Israele conceda una tregua umanitaria per soccorrere i feriti, aiutare i sopravvissuti di Gaza. Condanniamo alla luce del diritto internazionale e dell’umana pietà l’azione militare israeliana. L’asimmetria delle forze in campo è sotto gli occhi di tutti e il diritto a difendersi del governo israeliano non può diventare il lasciapassare per il massacro indiscriminato di vittime innocenti a cui stiamo assistendo dal 10 luglio scorso. Il diritto a difendersi non può diventare una licenza ad uccidere bambini, donne, famiglie o a bombardare scuole e case etichettate come “scudi umani” per giustificare ogni azione militare.”
Da Betlemme arriva la testimonianza di Luigi Bisceglia, volontario internazionale del VIS: “Non c’è più tempo, si deve assolutamente arrivare il prima possibile a una tregua umanitaria che permetta di portare la necessaria assistenza alla popolazione di Gaza. Questa tregua avrebbe poi anche un valore simbolico importante se fosse sottoscritta oggi, ultimo venerdì di Ramadan e in vista delle celebrazioni dell”EID. Dopo i pesantissimi scontri di ieri sera tra Palestinesi e Esercito israeliano, ci aspettiamo anche oggi possibili proteste dopo la preghiera delle 12. Ieri sera più di 10 mila persone si sono ammassate a Ramallah presso il check point di Qualandia con la volontà di forzarlo per entrare a Gerusalemme e andare a pregare. Negli scontri due persone sono rimaste uccise e ci sono state decine e decine di feriti. Non vi erano manifestazioni cosi partecipate e con così gravi conseguenze sin dai tempi della seconda Intifada".
Nel frattempo ieri notte il VIS ha ricevuto la “lettera da una Gaza Insanguinata” (che trovate di seguito). A scriverla Said, cooperante palestinese scampato al bombardamento della sua casa e ora divenuto uno sfollato interno.
per contatti stampa: ALESSANDRA TARQUINI 3479117177 comunicazione@volint.it sito: www.volontariatointernazionale.it
LETTERA DA UNA GAZA INSANGUINATA
Entriamo in un nuovo giorno di conflitto. Ogni giorno ci alziamo e guardiamo in faccia la guerra. Ed é una faccia orribile quella che abbiamo di fronte. Notte dopo notte, noi dormiamo con la sinfonia che la macchina da guerra israeliana compone con i bombardamenti dell’artiglieria, gli aerei F16, gli spari. Comunque, noi prendiamo forza dai nostri incontri, i nostri legami sociali. L’area dove siamo ora è relativamente sicura. E’ al centro della città, noi siamo ancora impauriti e stressati quando sentiamo il rumore delle esplosioni e vediamo le immagini terribili delle aree sotto il fuoco israeliano.
Durante il giorno siamo seduti l’uno vicino all’altro, seguiamo le news e ci prendiamo cura e supportiamo i bambini. Nella altre parti del mondo, le candele sono usate per creare atmosfere romantiche, ma qui a Gaza le cose sono molto diverse: con oltre 24 ore senza elettricità noi le usiamo per illuminare le stanze, ma questa non è decisamente una cosa romantica, anzi ci dà un continuo senso di paura e guerra.
I media israeliani stanno parlando di una espansione delle operazioni militari di terra e questo significa che un numero maggiore di civili dovranno morire senza colpa. Nella notte del 20 luglio, Israele ha attaccato il quartiere di Al Shijaia nella parte orientale di Gaza City dove abitano decine di migliaia di persone. Alle 11 della notte le radio locali hanno trasmesso un appello di emergenza dei residenti che chiedevano protezione e assistenza per un’immediata evacuazione. Il distretto è stato bombardato pesantemente e in modo casuale dall’artiglieria e dagli aerei da guerra. Per diverse ore, nessuno è riuscito a raggiungere le persone del luogo: i medici, le ambulanze, la protezione civile, la Croce Rossa. Quella notte Al Shijaia è bruciata sulla testa del suo popolo. Quella notte non siamo riusciti a dormire. Ho cugini e amici in quella zona ed eravamo tutti molto preoccupati per loro, le urla che abbiamo sentito alla radio ci hanno fatto piangere dal più profondo del nostro cuore.
Scusatemi devo interrompere il racconto, ho sentito una grande esplosione mentre scrivevo. Gli aerei militari israeliani hanno bombardato una casa a 200 metri da qui e una nuvola di fumo alta e vasta è visibile dal balcone. Le ambulanze stanno correndo verso la casa colpita. Vedo due feriti caricati sull’ambulanza.
Tornando al racconto, solo Dio sa come passammo quella notte. Oltre 75 persone uccise e centinaia ferite, la maggior parte donne e bambini, Israele ha affermato che avevano colpito solo obiettivi militari ma quando abbiamo visto i report dei mezzi d’informazione è stato chiaro che Israele aveva compiuto un vero e proprio massacro, case bombardate sulla testa dei loro proprietari con l’intera comunità internazionale che stava silenziosamente a guardare. Il numero di ambulanze non sono state sufficienti per portare i feriti negli ospedali. Praticamente ogni ambulanza ha portato più di due feriti. L’ospedale di Al Shifa, il principale ospedale di Gaza, ha lanciato una richiesta di donazione di sangue e il pronto soccorso era come un’arnia.
Al mattino, tutti gli abitanti di Shijaia sono fuggite dalle loro case verso la città lasciandosi dietro ogni cosa. Hanno preso solo i bambini e sono corse via. Sparsi nelle strade c’erano corpi di persone uccise senza pietà e la Croce Rossa ha utilizzato le 2 ore di cessate il fuoco per raccogliere i corpi ed evacuare i civili sopravvissuti.
Centinaia di storie scioccanti sono state raccontate quella mattina e io posso raccontarvi la storia di un mio amico, Mohammed, padre di due bambini “Quando il bombardamento è impazzito ho raccolto i miei due figli sotto le scale; ero convinto che il posto dove eravamo non fosse sicuro e che dovevo evacuarli in uno più sicuro. Ho preso un martello per fare un buco nel muro dei nostri vicini. Ho iniziato a passare i miei bambini uno dopo l’altro attraverso il buco, poi siamo passati io e mia moglie. Abbiamo aspettato l’alba per scappare.“
Secondo l’UNRWA, circa 100mila civili stanno vivendo nelle scuole, ma queste strutture non sono preparate ad accogliere questo alto numero di persone. I bisogni sono tanti e le capacità locali sono limitate.
Oggi ho deciso di vincere la mia paura e di uscire per dare un aiuto alle persone. Ho distribuito qualche cesto di cibo alle famiglie degli sfollati interni. Ho ascoltato le loro sofferenze e pene, ma non ci sono parole che possano esprimere cosa hanno vissuto quella notte. Le persone stanno vivendo nelle strade, nei palazzi in costruzione, nei centri commerciali e nei giardini pubblici. Hanno bisogno di un riparo, di un luogo, cibo, vestiti, soldi. Ci sono delle organizzazioni benefiche a lavoro per aiutarli ma non è abbastanza. E’ una situazione catastrofica e Israele continua ad affermare che sta difendendo la sua terra e il suo popolo. Il loro ingiustificabile operato resterà nella loro scura e sanguinosa storia e qui io voglio chiedere ad ogni cuore che sia ancora vivo, cosa esattamente abbiamo fatto per meritare di essere uccisi in massa. Non abbiamo bisogno di maggiori donazioni, ma abbiamo bisogno di autonomia, libertà e diritti.
Io e la mia famiglia ci sentiamo in una situazione di insicurezza e le nostre vite sono in pericolo. Stiamo vivendo situazioni tragiche da decenni e siamo stanchi di essere le vittime ogni volta. Questo è un appello per le persone libere in tutto il mondo, sostenete i nostri diritti, sostenete la bontà e salvate Gaza.
Said
Sfollato Interno
24 luglio 2014, Gaza