Si è concluso ieri, 2 aprile, il G20 dedicato alla crisi mondiale, svoltosi in una Londra blindata e tra manifestazioni di protesta, sfociate anche in azioni violente nel corso delle quali un uomo ha perso la vita - sembra ormai accertato, a causa di un malore.
Mentre i leader dei 20 stati partecipanti negoziavano importanti misure di sostegno finanziario volte a rilanciare l'economia mondiale, i manifestanti chiedevano che la crisi economica globale venisse affrontata pensando più alla gente che alle banche, con politiche per il lavoro, contro la povertà e il cambiamento climatico.
Di fatto, accanto alla necessità di ritornare a un mondo finanziario fondato su buone regole, con l'eliminazione dei cosiddetti "paradisi fiscali", il G20 di Londra ha avuto il merito di porre all'ordine del giorno l'inclusione dei paesi emergenti e meno sviluppati all'interno del processo di sviluppo mondiale.
Si è trattato di un primo riconoscimento, dunque, della necessità di un approccio multilaterale alla gestione dell'economia globale, tanto che Ignacio Lula, capo di stato brasiliano, ha affermato di trovarsi per la prima volta a partecipare ad un vertice "nel quale i paesi industrializzati sono messi su un piano di parità con i paesi in via di sviluppo".
E proprio la consapevolezza del fatto che la grave crisi economica dei paesi emergenti e in via di sviluppo è parte della crisi economica globale è stata alla base della decisione di aumentare del 300% le dotazioni del Fondo monetario internazionale (Fmi), che, nonostante il passato controverso, è stato individuato come lo strumento principale per favorire la ripresa delle aree più colpite dalla crisi.
In particolare, verranno messi a disposizione del Fmi altri 500 miliardi di dollari. I paesi più poveri, inoltre, riceveranno 50 miliardi di dollari di aiuti.
La rinnovata fiducia da parte del G20 al Fondo monetario internazionale, però, non può non suscitare una riflessione in merito alla necessità di riformare profondamente, come da tempo viene auspicato da diversi osservatori, questa istituzione internazionale. Tale riforma, congiuntamente a quella della Banca Mondiale, potrebbe davvero aprire la strada ad un nuovo ordine mondiale.