5 settembre 2014 - Nel nostro paese il mese di settembre segna la fine delle vacanze e il conseguente ritorno a scuola. Non sarà così per milioni di bambini di Gaza, dell’Iraq e della Siria. Guerra e violenze non solo hanno avuto come conseguenza diretta terrore, distruzione e allontanamento da casa, ma soprattutto hanno compromesso il diritto delle giovani generazioni di accedere all’istruzione e alla formazione.
Il problema non riguarda esclusivamente i minori che in questi paesi sono sfollati o rifugiati, ma anche i tanti ragazzi residenti nelle zone dove le popolazioni in fuga hanno cercato salvezza. Gli edifici scolastici, quando non sono stati distrutti o danneggiati o utilizzati come basi dei gruppi armati, vengono spesso occupati dalle comunità di sfollati. Si tratta in molti casi di una scelta obbligata: i campi profughi sono spesso sovraffollati o versano in condizioni precarie, e gli unici rifugi possibili per chi non viene ospitato in abitazioni private restano i parchi, gli edifici abbandonati o le scuole.
“Qui ad Erbil la situazione è critica, sia in città che nei campi, e potrebbe diventare esplosiva: più di mille scuole non possono essere aperte perché occupate dai sfollati iracheni” – racconta Daniele Grivel, capo missione Intersos in Iraq – “Se non si troverà rapidamente una soluzione adeguata per il ricovero dei profughi certamente si acuiranno le tensioni tra le comunità curde locali e gli sfollati provenienti dalle altre province del paese. Abbiamo avviato un programma di educazione informale nelle tende e istituito dei doppi turni negli edifici scolastici agibili, ma non riusciremo a coprire tutte le esigenze. Anche gli adolescenti non frequentano scuole o corsi professionali e di conseguenza il rischio è che un’intera generazione perda mesi e anni di scuola. Ciò ha ripercussioni importanti sulle prospettive di crescita culturale e sociale dell’intero paese.”
A Gaza l’apertura delle scuole è stata posticipata al 14 settembre, anziché il 24 agosto. Si attendono 241 mila studenti in 252 scuole. Nel corso del conflitto, più di 220 scuole sono state danneggiate: almeno 26 edifici scolastici ancora offrono riparo a famiglie di persone rimaste senza abitazione. Altri complessi attendono di essere ripristinati dopo aver subito i bombardamenti o bonificati per la presenza di ordigni inesplosi. A causa di questa situazione sono stati programmati i doppi turni, con insegnanti e studenti che si alterneranno nelle scuole disponibili.
In Iraq almeno 1,8 milioni di iracheni hanno abbandonato le loro case: più di mezzo milione sono gli sfollati in età scolare. Nel solo Kurdistan, sono circa 190 mila i bambini che non potranno andare a scuola. Il governo regionale ha fissato l’apertura dell’anno scolastico per il prossimo mercoledì. Le lezioni non inizieranno nella provincia di Dohuk, la più colpita nella regione, dove si stima che circa 640 scuole siano state trasformate in abitazioni per le famiglie in fuga. Nell’intero Iraq, si contano almeno 2000 scuole che ospitano famiglie di sfollati.
In Siria si rischia di compromettere il futuro di un’intera generazione; dall’inizio del conflitto almeno 3 milioni di bambini hanno dovuto abbandonare il percorso scolastico. Una scuola su cinque è inutilizzabile, mancano libri, banchi, servizi igienici e in molte aree del paese non ci sono insegnanti disponibili, perché a loro volta sono fuggiti. Nelle aree più colpite dal conflitto, i bambini sono costretti a viaggiare per proseguire il percorso scolastico e i tassi di scolarità sono spesso inferiori al 50%. Altrettanto complessa è la situazione nei Paesi limitrofi, che ospitano una popolazione di rifugiati siriani che supera i 3 milioni di persone. Si stima che i bambini in età scolare siano più di 1,5 milioni. Nonostante in Libano, Giordania, Turchia e Iraq le scuole siano aperte ai bambini siriani, è ancora molto alto il numero di bambini rifugiati che ha smesso di andare a scuola. Nel precedente anno scolastico, sono stati tra i 500 e 600 mila i bambini costretti ad abbandonare l’istruzione.
AGIRE e CROCE ROSSA ITALIANA hanno lanciato un appello nazionale di emergenza sulle crisi umanitarie in Medio Oriente. I fondi raccolti serviranno a sostenere i programmi di emergenza della Croce Rossa e Mezzaluna Rossa e delle ONG di AGIRE che stanno già garantendo ripari sicuri, acqua, cibo, medicine, kit igienici e supporto scolastico nelle aree più martoriate.
E’ possibile fare una donazione attraverso i seguenti canali: