Siamo ormai all’esatta metà del nostro servizio con il progetto dei Corpi Civili di Pace a Santa Cruz de la Sierra, in Bolivia. Siamo anche agli sgoccioli del 2017 e sento dunque necessario, come ogni volta che si è in chiusura, fare alcuni passi indietro e valutare il cammino svolto. Penso alla formazione pre-partenza a Roma, dove insieme a me erano presenti altri 80 giovani volontari pieni di energia ma anche di dubbi.
Ricordo le parole pronunciate da Giovanni Bastianini (Presidente della Consulta del Servizio Civile Nazionale): “Vivete consapevolmente e senza aspettative questa esperienza, per una crescita personale e collettiva, nella relazione e nella fatica del “Noi” e della relazione con l’altro, inventatevi metodi artigianali usando il meglio di voi ed il meglio di chi incontrerete, sperimentando e creando e, soprattutto, uscendo dalle vostre cornici e mettendovi di fianco alle persone”
Siamo stati definiti un caso, un esperimento, una sfida, un grande esercito non armato:81 ragazze e ragazzi inviati in aree di conflitto ambientale, sociale o economico, con progetti diversificati, rami di un albero con la stessa radice: la promozione della pace attraverso la non violenza.
A Santa Cruz de la Sierra il Vis appoggia il Proyecto Don Bosco, una rete di centri e case di accoglienza che mira al recupero e al reinserimento socio-familiare di bambini, bambine, adolescenti e giovani in situazioni di strada e ad alto rischio sociale.
Dopo un periodo iniziale di adattamento da parte mia e del mio collega Carlo, il progetto dei Corpi Civili di Pace ha preso vita: l’obiettivo principale è quello di educare alla pace e ai diritti umani.
Le équipe e i ragazzi di 4 centri del Proyecto Don Bosco (Techo Pinardi, Mano Amiga, Barrio Juvenil e Hogar Don Bosco) stanno quindi partecipando ai workshop sulla convivenza pacifica, la gestione positiva del conflitto e l’adattamento al contesto.
I vari talleres sono dinamici e partecipativi, ogni gioco è spunto di riflessione. L’idea di unire nello stesso taller educatori e ragazzi è nata dall’esigenza di creare una maggiore unione e di instaurare un clima di fiducia nei vari centri.
Il cammino si concluderà a maggio e sarà un crescendo di esperimenti: siamo partiti con una conoscenza profonda della nostra personalità e della personalità dei nostri “compagni di taller”, abbiamo scritto, disegnato e drammatizzato i concetti di pace, violenza, conflitto e riconciliazione, attraverso “il gioco dei due popoli” abbiamo sperimentato il sentirsi diversi in un contesto nuovo, entrando in empatia con quello che sente ogni volta un ragazzo appena arrivato nel centro.
I prossimi incontri saranno focalizzati sul conflitto e sulla gestione positiva del conflitto, per concludere con varie dinamiche sul come è possibile cooperare e convivere pacificamente attraverso il dialogo e la Nonviolenza.
Il nostro servizio all’interno del PDB non si limita ai talleres, come Corpi Civili di Pace siamo infatti impegnati ogni giorno nell’insegnamento trasversale della Nonviolenza attraverso altre attività che proponiamo nei centri e più semplicemente con il nostro modo di fare quotidiano, coerente alle tematiche che affrontiamo nei lavori, un approccio “gentile” che punta al coinvolgimento attivo dei ragazzi.
Carlo appoggia l’equipe educativa offrendo ai ragazzi le sue competenze nel campo dell’inglese e dell’informatica.
Io sto portando avanti da settembre un progetto di Musicoterapia in 3 centri del PDB (Mano Amiga, Techo Pinardi e Patio Don Bosco) i quali obiettivi fanno da base al percorso parallelo dei workshop e sposano le aspettative del Progetto sulla Convivenza Pacifica.
La Musicoterapia è una disciplina che, attraverso l’uso del suono, il corpo, la musica e il movimento favorisce l’espressione dei propri sentimenti, iniziando un processo di cambio nella percezione di sé stessi. La musica e il corpo diventano strumenti che permettono ai bambini e ai ragazzi di esprimersi, relazionarsi e comunicare con gli altri.
I primi 3 mesi di lavoro di Musicoterapia sono stati molto positivi: i ragazzi non percepiscono gli incontri come una serie di “esercizi terapeutici” bensì come un insieme di giochi che permette loro di passare un’ora nel setting sentendosi liberi di fare o di non fare, mai giudicati. Il macro-obiettivo è quello di creare un ambiente di serenità, collaborazione e rispetto tra i vari gruppi di lavoro (6 gruppi da 5-7 persone in ogni centro), utile poi per i workshop che porto avanti con Carlo.
Tra gli obiettivi specifici coordinati con il nostro responsabile in loco Paolo Trevisanato e il consiglio dei coordinatori dei vari centri vi sono:
Le difficoltà non mancano, ogni giorno ci troviamo davanti a situazioni difficili alle quali spesso è bene rispondere con sangue freddo, grinta e energia…senza dimenticare il cuore. Se dovessi terminare oggi il mio servizio in Bolivia mi porterei a casa troppe cose, sensazioni, gli occhi e i sorrisi dei bambini, incontri, insegnamenti ed esperienze difficili da classificare.
Forse alla fine sarò in grado di dare un nome a tutto ciò, o forse no, nel frattempo continuiamo a vivere l’esperienza con tutte le nostre forze e i nostri migliori sorrisi, respirando a pieni polmoni questa meravigliosa Bolivia.