Un passato che non cancella le sue tracce; un paese dilaniato dalla guerra che stenta a riconoscersi; un’identità nascosta che si affaccia con timidezza: vi presento l’Angola.
Nel 1961 l’Angola inizia il suo difficile cammino verso l’indipendenza con rivendicazioni interne di carattere anti-coloniale che provocano l’instaurazione di un regime repressivo su tutto il territorio da parte del governo di Lisbona.
Nel 1975 finalmente l’indipendenza dalla terra madre: una feroce guerra civile li attende dietro l’angolo.
Due le fazioni contrapposte: l'esercito governativo del Movimento popolare per la liberazione dell'Angola (Mpla) e le forze ribelli dell'Unione nazionale per l'indipendenza totale dell'Angola (Unita). Mpla da sempre appartenente al blocco dell'ex Unione Sovietica e alleato di Cuba, l'Unita appoggiata dalle maggiori nazioni del mondo industrializzato occidentale (USA) e dal Sud Africa.
Solo nel 2002 la corsa “all’oro” ha termine lasciando il paese in ginocchio. I giochi di potere hanno fatto il loro corso con una divisione “equa” del governo e della gestione delle risorse: all’UNITA il controllo sul mercato dei diamanti, all’MPLA l’egemonia petrolifera.
Un paesaggio difficile da comprendere e ricco di contraddizioni:
Petrolio e diamanti continuano ad essere l’unica attrattiva per l’estero. La stratificazione sociale è solo un vago ricordo: oggi o si vive nelle favelas o negli occidentalissimi quartieri residenziali di Luanda.
Il colosso Cina sta gettando le sue reti: oggi l’Angola è il primo esportatore di petrolio in Cina.
Le multinazionali la fanno da padrone a braccetto con un Governo, quello angolano, ancora fortemente corrotto. Mentre il flusso di denaro continua a scorrere “dal basso verso l’alto” sfidando ogni legge fisica circa l’80% della popolazione vive ancora al disotto della soglia di povertà.
Debora Sanguinato