Si fermi subito il massacro a Gaza, prevalga la legalità internazionale

Pubblichiamo un estratto dell'appello del Centro Diritti Umani dell'Università di Padova, in merito all'eccidio che sta colpendo Gaza da ben venti giorni.

"Si fermi subito il massacro a Gaza. La coscienza dei membri della famiglia umana si ribella contro la spietatezza di chi sta agendo, da una parte e dall'altra, nella barbarica logica del farsi giustizia da sé: homo homini lupus. La "sicurezza" di cui hanno bisogno, indilazionabile il popolo israeliano e il popolo palestinese, deve essere "sicurezza umana" internazionalmente garantita.

In ossequio al principio della "responsabilità di proteggere", la Comunità Internazionale, e per essa l'Organizzazione delle Nazioni Unite e le altre legittime istituzioni multilaterali in accordo con l'ONU, intervenga subito a Gaza con una adeguata forza di interposizione, con mandato chiaro e con tutta la legittimazione che discende dal vigente Diritto internazionale, basato sulla Carta delle Nazioni Unite e sulla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, che assume a proprio fondamento "la dignità di tutti i membri della famiglia umana e i loro diritti eguali e inalienabili", cioè il binomio vita/pace.

Se l'ONU è in ritardo, la responsabilità è di chi ne determina la volontà, cioè degli stati che ne fanno parte, in particolare di quelli che usano e abusano del potere di veto. I governanti che si dichiarano per la legalità hanno l'obbligo giuridico, morale e politico di porre le Nazioni Unite nella condizione di adempiere al proprio mandato in ossequio alla sua sempre valida e attuale Carta statutaria. Vengano positivamente allo scoperto e si assumano fino in fondo la nobilissima responsabilità-legittimazione di costruttori di pace.

Insistiamo: a Gaza deve subito operare, sul terreno, la Comunità Internazionale. Nessun governo, tanto meno quelli che violano la legalità, possono invocare la sovranità nazionale e la non-ingerenza negli affari interni per impedire che l'ONU intervenga per proteggere le popolazioni e creare terreno fertile per l'attività della diplomazia e della politica del dialogo e della cooperazione. La stessa Carta delle Nazioni Unite, all'articolo 2 par.7, stabilisce che per quanto attiene al mantenimento della pace e della sicurezza l'autorità delle Nazioni Unite prevale sulla sovranità degli stati.

Siamo nell'anno 60° della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, 20° della Convenzione Internazionale sui Diritti dei Bambini, 20° del crollo del Muro di Berlino, è altresì iniziato l'Anno Internazionale "per l'apprendimento dei diritti umani" proclamato dall'ONU. Sono altrettanti segnali di civiltà del diritto e di civiltà dell'amore che devono spronare tutti, a cominciare dai governanti obbligati a dare l'esempio pena la loro de-legittimazione, a impegnarsi per portare avanti la costruzione di un ordine di pace e di giustizia sociale nel mondo, secondo i principi del vigente Diritto internazionale.

Nel 2007 la spesa militare nel mondo è stata di 1.339 miliardi di dollari, negli anni dal 1998 al 2007 l'incremento su scala mondiale è stato del 45%, con punte del 53-63% in alcune regioni del mondo. Il vigente Diritto internazionale obbliga a disarmare e a far funzionare un efficace ed efficiente sistema di sicurezza internazionale collettiva, sotto autorità delle Nazioni Unite e con la collaborazione delle legittime istituzioni multilaterali regionali.

La via dell'unilateralismo, del farsi giustizia da sé e imporre la legge della forza, dissennatamente perseguita negli ultimi anni, ha dimostrato di essere una via senza uscita. Il mondo è sulla soglia di un baratro. Per fermare questa deriva e riprendere la via della costruzione della pace secondo quanto proclama l'articolo 28 della Dichiarazione Universale - "Ogni individuo ha diritto ad un ordine sociale e internazionale nel quale tutti i diritti e le libertà enunciati nella Dichiarazione possono essere pienamente realizzati": urge che governanti illuminati - volto e nome scoperti - si facciano avanti, spendano fino in fondo la loro probità e la loro capacità, certi di avere dalla loro parte moltitudini di persone di retta coscienza e di buona volontà in ogni parte del mondo.