18 luglio 2015 - Sono passati giorni ormai dal viaggio del Papa in Bolivia, eppure il suo carisma, la forza delle sue parole, la chiarezza del suo messaggio sono ancora vivi nelle persone che in quel Paese hanno vissuto la sua presenza.
Vi riportiamo una riflessione di Lorenzo Marfisi, volontario VIS a Santa Cruz de la Sierra a supporto delle attività del Progetto Don Bosco grazie al quale ogni anno accompagniamo circa 600 bambini, adolescenti e giovani, e li aiutiamo ad uscire dalle situazioni di violenza, emarginazione, disgregazione familiare o abbandono.
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Benvenuto in Bolivia Papa Francesco! Si respira per le strade di Santa Cruz de la Sierra un diffuso sentimento di gioia per la visita del Papa a Bolivia. Un Papa che porta “l’allegria del Vangelo” a una terra per l’80% di religione cattolica, con tante speranze, ma anche sofferenze per un’iniqua distribuzione delle risorse, ingiustizie e ampi settori della popolazione ancora ai margini della societa’.
Papa Francesco ha portato un messaggio di speranza ispirato dalla fede in Cristo ed attento alle sofferenze e miserie dell’uomo: un’attenzione che trasforma la speranza in misericordia. C’e’ un esortazione forte che Papa Francesco rivolge alla Bolivia ed al mondo intero: portate la misericordia di Dio nelle periferie del mondo, nelle città, nelle zone rurali, in quei luoghi, come le carceri, le famiglie destrutturate dove si vive un’infanzia che soffre, nei centri residenziali. Annunciate il Vangelo con gioia, ascoltate i poveri ed i sofferenti, camminate con loro, lottate con tenacia e portate con fantasia soluzioni ai problemi che affliggono i vari volti dell’umanità.
E’ un Papa particolarmente amato quello che gira per le strade di Santa Cruz: molta gente ha vegliato tutta la notte per poter assistere alla Santa Messa o lo aspetta in ogni dove per poterlo salutare, con la speranza che si fermi e lo benedica.
Papa Francesco è semplice, nei gesti e nelle parole, ed al contempo il suo messaggio va dritto al cuore per muovere spiriti a volte induriti dalle situazioni avverse della vita. In questo modo, annulla le distanze alle quali la gente qui è abituata: distanze dettate da gerarchie economico-sociali, burocratiche e finanche ecclesiali, come ha ricordato ai religiosi in Bolivia etc. Papa Francesco mette da parte la gerarchia, va all’incontro con il prossimo, specialmente i più bisognosi, sta in mezzo al popolo e una volta giunto, ascolta e poi parla.
Ascolta il grido di dolore di carcerati che non sanno neppure per quanto tempo rimarranno li a causa di una giustizia lenta che diviene ingiusta, prigionieri di sopprusi da parte delle autorità e degli stessi compagni, ascolta come è nata la vocazione della suora e del seminarista, ascolta le preghiere dei fedeli pronunciate nelle lingue originarie della Bolivia.
Poi parla.
E quando parla, Papa Francisco pone al centro del suo discorso la condizione di esclusione ed emarginazione in cui vive molta gente, non solo di questo bel paese andino, ma del mondo intero. Durante l’incontro con i religiosi della Bolivia nel Colegio Don Bosco di Santa Cruz, lo fa, dando una lettura odierna e contestualizzata del Vangelo di Marco. 10, 46-52, non soffermandosi nella descrizione della sofferenza, o finanche della miseria dell’uomo, con il suo carico di peccato. Bensì, si concentra sulle possibili reazioni che la Chiesa odierna può tenere di fronte a questo grido dei marginati. Tre sono le possibili risposte. Indifferenza, alcuni perche’ gia’ non ascoltano, altri perche’ si sono abituati all’ingiustizia o perche’ chiusi nel proprio mondo, indisponibili al cambiamento. Rigetto: rifiuta dare ascolto al popolo, si sente parte di un’elite che agisce, predica, senza ascoltare, zittisce per dare priorita’ a una spiritualita’ incapace di dialogare. Sentono, ma non ascoltano; vedono, pero’ non guardano. Hanno fatto dell’identita’ propria, che e’ appertenenza, una questione di superiorita’. Incoraggiamento: il Vangelo racconta che Gesu’ si ferma per rivolgersi al cieco che cosi’ esce dall’anonimato della moltitudine per acquisire un’identita’ propria, Bartolomeo. E semplicemente gli chiede cosa possa fare per lui, senza porre barriere di alcun genere. Mosso da un sentimento di amore, Gesu’ compatisce, ovvero patisce con Bartolomeo, e pone il bene dell’altro sopra ogni cosa. E gli dice: animo, alzati e cammina.
All’incontro con i movimenti popolari Papa Francesco non da ricette politiche ai problemi dell’umanita’, pero’ si’ pone in evidenza tre diritti fondamentali, identificati con le tre T: “Tierra, Techo, Trabajo” (terra, tetto, lavoro), aggiungendo che vale la pena lottare per essi, in quanto il grido di dolore di tanti ci indica – nelle parole del Papa - “che necessitamo e vogliamo un cambiamento”, poiche’ “questo sistema economico non e’ piu’ tollerabile”. Tuttavia, il Papa da tre indicazioni: raccomanda che l’economia sia al servizio dei popoli, rifiutando un’economia dell’esclusione ed iniqua, lotta per la giustizia e la pace, rispetto di “nostra madre terra”. Ricorda che l’accesso a risorse come educazione, salute, cultura, comunicazione, sport, sono diritti e non filantropia per poter vivere bene. Questo Papa rifiuta l’elemosina o l’assistenzialismo, accettabili se non come risposte temporanee.
Papa Francesco porta speranza nei cuori della gente e dei bambini, perchè ride con chi sta ridendo, piange con chi sta piangendo. Per Francesco, “il pianto di un bambino e’ di per se’ una sublime predica”.