10 luglio 2015 - Pochi giorni fa si avvia il secondo viaggio del Papa in America Latina. Tra le tappe c'è la capitale della Bolivia e, dopo l’incontro con il Presidente e le autorità del Paese, raggiunge Santa Cruz de la Sierra dove il VIS è impegnato dal 2003 per l’accoglienza, il recupero e il reinserimento familiare e sociale di bambini, adolescenti e giovani in situazioni di strada e in difficoltà.
In questo video potrere vedere il reportage realizzato da Maurizio di Schino per TV2000 che ringraziamo per aver vissuto con i nostri ragazzi l'emozione per i preparativi per l'arrivo del Papa e per l'intervista a Padre Ottavio Sabbadin, direttore del Proyecto Don Bosco.
Di seguito la lettera di Lorenzo Marfisi volontario VIS che ci da uno spaccato della Bolivia e del contesto in cui il VIS opera.
"C’è uno striscione dentro il cortile del centro di accoglienza per adolescenti con misure cautelari “Techo Pinardi” di Santa Cruz de la Sierra: “Papa Francesco, ti vogliamo bene. I tuoi figli in Bolivia”. Sebbene pochi lo vedranno, il messaggio che hanno scritto i ragazzi rinchiusi dal giudice in questo centro residenziale, parte del Progetto Don Bosco, riassume molto bene i sentimenti di tutta la popolazione boliviana. Si palpa infatti tra la gente una trepida attesa per l’arrivo in terra di Bolivia del Papa Sudamericano.
Sono passati 27 anni dalla visita di Papa Giovanni Paolo II nel paese andino e molte cose sono cambiate.
Il periodo della dittatura è, infatti, alle spalle da metà degli anni ’80. Lo stesso dicasi per il periodo di transizione alla democrazia, segnato da una forte instabilità politica, da un debito pubblico crescente, un’inflazione alle stelle, elevata disoccupazione, un’economia che ha sofferto “i colpi” delle politiche di ristrutturazione imposte dal Fondo Monetario Internazionale e da forti sollevazioni popolari. Al principio del 2006 Evo Morales, con il suo Movimento Al Socialismo (MAS), ottiene un ampio consenso elettorale e diviene il primo presidente indigeno di tutto il Sud America. Consenso rinnovato per la terza volta nelle elezioni politiche dell’anno scorso. E’ sotto la guida di Evo che, ancora oggi, la Bolivia sta vivendo un processo di cambiamento istituzionale, economico e sociale molto importante: Istituzionale, perché nel 2009 la Bolivia si è dotata di una nuova Costituzione che rifonda il Paese in “Stato Plurinazionale della Bolivia”, riconoscendo e valorizzando la diversità interna, caratterizzata dalla presenza di trentasei popoli, quale fondamento di una ritrovata unità basata su diritti umani che assumono il rango costituzionale. Economica, poiché le politiche del governo di Evo Morales promuovono una rinnovata presenza dello Stato nell’economia del paese. Esse si basano principalmente sulla nazionalizzazione d’imprese strategiche, a partire da quelle dedicate all’estrazione di gas e petrolio, che hanno consentito al governo di dotarsi di fonti d’ingresso economico consistenti e costanti, utili per avviare programmi di sostegno all’educazione, alla salute ed in parte al sociale. Infine, sociale, riassunto dal motto “vivere bene”, un’espressione che prende le distanze dal più occidentale “vivere meglio”: mentre quest’ultimo presume un approccio alla vita individualista che marginalizza il prossimo, il secondo riconosce che il propio benessere dipende da quello altrui.
Il processo di cambiamento avviato dalla Bolivia tanto dentro i propri confini come sulla scena internazionale ha attirato l’attenzione di Papa Francesco, il quale ha implicitamente riconosciuto un ruolo di leadership alla Bolivia nei confronti dei cosidetti movimenti sociali che si riunirono per la prima volta a livello mondiale a Roma nell’ottobre 2014 proprio su invito del Santo Padre. Questi movimenti sociali torneranno a incontrarsi qui a Santa Cruz de la Sierra nei giorni di visita del Papa durante i quali il Santo Padre presenzierà all’incontro per un paio d’ore.
Tuttavia, se il processo di cambiamento è stato messo in moto, questo risente ancora di difficoltà e, a volte, di contraddizioni interne che rischiano, a giudizio di alcuni, di trasformarsi da un processo partecipativo avviato dal basso a un processo diretto dall’alto, poco incline alle critiche, dove l’occupazione dei posti di potere non si limita ad essere un mero mezzo, ma anche finalità. Per esempio la Bolivia continua a essere un paese caratterizzato da elevati livelli di corruzione, occupando la 103esima posizione su 175 paesi, nel ranking predisposto da Transparency International. Inoltre, sebbene la Bolivia stia sperimentando performance economiche particolarmente positive, registrando nel 2014 una crescita del proprio Prodotto Interno Lordo del 5,4%, frutto di un processo di espansione economica consolidatosi dal 2010 che ha permesso di ridurre sensibilmente la poverta’ nel paese, rimane ancora molta strada da compiere: la Bolivia, infatti, resta il paese più povero del continente Sud Americano.
La Bolivia dunque è ancora parte delle tante “periferie” del mondo verso le quali Papa Francesco ha invitato la Chiesa Cattolica a dirigere la propria attenzione e i propri sforzi. La stessa Bolivia ha le sue "periferie": tra queste ci sono, certamente, gli adolescenti accolti presso il centro di accoglienza Techo Pinardi, accusati dalle autorità di polizia di aver commesso crimini contro il patrimonio o la persona e per questo in attesa di giudizio. Sono ragazzi che provengono da famiglie particolarmente problematiche, come Raul (così lo chiameremo), figlio di genitori separati, con un papà alcolista e una madre disoccupata, accusato di aggredire con un’arma da taglio lo zio in preda all’alcool che stava aggredendo sua madre.
Un giornalista in visita a Techo Pinardi ha chiesto oggi a Raul se sia contento che arrivi il Papa a Bolivia: ha risposto di sì, ma sarebbe piu’ contento se il Papa si ricordasse anche di lui e dei suoi compagni, anche solo per una visita lampo fuori programma. Non sappiamo se ciò sia possibile. Di certo, anche Raul è in trepida attesa per questa storica visita del Papa. Anche Raul è parte delle tante “periferie” di questa Madre Terra.
Papa Francesco, ti vogliamo bene. I tuoi figli in Bolivia"