Domanda. "Diritti umani e Islam" è fra i temi più dibattuti dell'attualità dei diritti umani anche in termini di sviluppo e cooperazione. Partiamo dai diritti delle donne nell’Islam. Qual è la situazione?
F. Sabahi. Le donne del Medio Oriente stanno lottando e - poco alla volta – stanno ottenendo maggiori diritti. Parliamo per esempio del diritto di voto. In Kuwait, nonostante questo paese vanti il Parlamento più vecchio del Golfo, risalente ai primi anni Sessanta, le donne hanno votato per la prima volta solo il 29 giugno 2006. Mentre in altri Stati i diritti sono concessi dall’alto, in questo caso proprio la tradizione democratica ha impedito a lungo, a causa del voto contrario dei deputati, l’accesso delle donne al mondo politico, nonostante il parere favorevole dell’emiro.
Domanda. Avevano una formazione sufficiente per votare o hanno votato ciò che padri, mariti e fratelli hanno detto loro di votare?
F. Sabahi. Le donne del mondo arabo hanno spesso un’istruzione superiore a quella degli uomini che sono sempre fuori mentre loro, le donne, sono obbligate a stare a casa e hanno quindi modo di leggere e di studiare.
Domanda. Quasi tutti i paesi del Golfo Persico vedono donne occupare posizioni ministeriali. Finora nessuna donna è stata eletta a suffragio universale ma diverse sono state scelte dai capi dei governi. Le cose sembrano migliorare…
F. Sabahi. Sì, è vero, passi importanti sono stati fatti anche in altri campi. Per esempio, nell’ambito del diritto alla cittadinanza, in Marocco il re Mohamed VI ha annunciato che, in caso di divorzio, la donna ha maggiori diritti per se stessa e per la custodia dei figli e che viene concessa la cittadinanza ai figli di donne marocchine sposate con stranieri, ma la difficoltà è che – come sempre – le donne quasi analfabete residenti in aree rurali non sono a conoscenza dei loro diritti e, vi sembrerà incredibile, lo stesso vale per le marocchine immigrate in Italia. Molte non sanno che, se picchiate dai mariti, hanno la possibilità di adire le vie legali e ottenere la custodia dei figli minori: si fanno tiranneggiare dai mariti che minacciano di portare loro via i figli. Le donne non conoscono i loro diritti anche perchè nei consolati in Italia tanti funzionari non le informano: anche per questo sono tanto importanti le associazioni femminili.
Domanda. Passiamo alla questione scottante del velo.
F. Sabahi. Personalmente, ritengo che le donne debbano essere libere di scegliere se mettere o meno il velo. Questa è anche la posizione dell'avvocata iraniana Shirin Ebadi, che nel 2003 si è aggiudicata il Nobel per la Pace. Ma le motivazioni delle donne a mettere il velo possono essere le più diverse: molte ragazze musulmane residenti in Europa hanno un pizzico di libertà in più, in famiglie patriarcali, proprio perchè decidono di mettere il foulard; o anche, in Egitto e in Marocco scelgono di mettere il velo per dire no alla politica filoamericana dei loro governi.
Domanda. Ma esistono vari tipi di velo, vero?
F. Sabahi. Il termine generico è hejab. Il chador è il grande "lenzuolo" nero o a fiorellini che usano le iraniane, soprattutto quelle delle aree rurali oppure le fedeli in moschea e negli haram, i mausolei, ma non è obbligatorio. Nella Repubblica Islamica è invece obbligatorio, nei luoghi pubblici, il foulard che copre i capelli, ma in realtà sono tante le ciocche che sfuggono e non solo alle giovanissime… insomma, a esprimere dissenso sono anche le signore di una certa età! Poi c’è il niqab, il velo integrale, di colore nero, che lascia scoperti soltanto gli occhi ed è tradizione dei Paesi del golfo ma - nel modo di fare - spesso queste donne sono assai volitive: i mariti spingono le carrozzine e loro fanno shopping. Non bisogna farsi ingannare dagli stereotipi. C'è poi il burqa, della tradizione afgana, usato anche nei territori del nordovest in Pakistan; insomma, il mondo islamico è, con il suo miliardo e mezzo di fedeli, molto poliedrico. Le realtà sono diverse da paese a paese e, all'interno dello stesso paese, tra contesto urbano e contesto rurale, per ceto sociale e per grado di istruzione. Un esempio curioso: in Iran, per esempio, oggi a essere emancipate sono soprattutto le figlie dei ceti bassi che hanno avuto accesso, grazie alla rivoluzione islamica del ‘79, all'istruzione, anche universitaria, per cui non aspirano solo al matrimonio: vogliono fare master, dottorati, trovare un lavoro, e molto spesso parlano benissimo un paio di lingue oltre al persiano. In Iran il 63% delle matricole sono donne e nelle facoltà scientifiche (ingegneria, medicina, informatica) il 70% degli iscritti sono donne. L'emancipazione femminile, a mio parere, passa attraverso un buon reddito, che si ottiene molto spesso dopo un buon titolo di studio.
Domanda. … e quindi il velo c'entra poco: non serve a nulla, come vorrebbe farci credere l'on. Santaché di Alleanza Nazionale, strappare il velo alle musulmane oppure vietarlo: meglio dare borse di studio …
F. Sabahi. Assolutamente sì, soprattutto alle ragazze in famiglie a basso reddito, perché in genere le migliori (e uniche) opportunità che tali famiglie si possono permettere sono date ai maschi mentre saranno le donne a crescere la prossima generazione. Sembrerà strano ma ci sono molti esempi di "femminismo" declinato al maschile in Medio Oriente, come viceversa qui in Italia ci sono molti maschilisti.
Domanda. Protezione internazionale dei diritti umani e Islam: sembra che i paesi islamici abbiano enormi reticenze a un’ingerenza interna… Cosa ne pensi della Carta Araba dei Diritti Umani del 1994?
F. Sabahi. E vero, i paesi islamici sono molto orgogliosi della propria eredità religiosa e culturale, gradiscono poco le interferenze, soprattutto quando l'Occidente vorrebbe imporre il proprio punto di vista. Anche il Nobel per l'Economia 1998 Amartya Sen, nel suo saggio "La democrazia degli altri", spiega che la democrazia non è certo un'invenzione occidentale. I governi islamici, per esempio, hanno gradito proprio poco l'imposizione della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del 1948: sarebbe opportuno domandarsi se è veramente universale oppure se questa è una pretesa. Dopotutto il Corano si fonda su tre disuguaglianze fondamentali, di cui i musulmani faticano a liberarsi: tra uomini e donne, tra musulmani e non musulmani, e tra liberi e schiavi (schiavitù abolita un po' ovunque ma che ancora esisteva quando il Corano fu rivelato a Maometto, nel settimo secolo dell'era volgare). Il Corano non riconosce neanche i diritti di associazione, di libertà religiosa e di espressione... Pensate ai sindacati o all’apostasia… L’Islam ortodosso è la religione dell'uguaglianza tra maschi, musulmani e liberi ma in realtà, l'Islam è ormai attraversato da correnti liberali: tanti intellettuali musulmani rivendicano uguali diritti per le donne e per le minoranze religiose.
Domanda. Informarci, studiare, approfondire… forse è l’unico modo per avvicinarsi al mondo islamico e più in generale dei diritti umani, senza avere la pretesa di conoscere tutto…
F. Sabahi. Rispondo con una frase di Rumi, un grande mistico, nato in Iran a Balkh e morto a Konya in Anatolia, che diceva che “la verità è uno specchio andato in frantumi, ognuno di noi ne afferra un frammento, e quindi ha in mano solo una frazione della verità”.
Farian Sabahi, iraniana, vive in Italia. Due lauree, un dottorato a Londra, insegna a Torino “Islam e democrazia” e a Ginevra “Storia dell'Iran”. Scrive sui più importanti giornali italiani e ha pubblicato moltissimi libri e articoli.
Estratto di una chat del corso “Diritti Umani e Cooperazione Internazionale”. Docente Carola Carazzone.
Per iscrizioni, consultare la pagina di VISonline