Si sono riuniti a Potsdam, in Germania, i ministri di Ue, Usa, India e Brasile - il cosidetto G4 che raggruppa i maggiori protagonisti dell'Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC) –tentando di trovare un accordo per evitare un fallimento del negoziato sulla liberalizzazione del commercio mondiale, il negoziato di Doha, dal nome della capitale del Qatar dove nel 2001 prese avvio, con l'obiettivo di porre la liberalizzazione degli scambi al servizio dello sviluppo dei paesi più poveri.
Alla vigilia erano unanimi le dichiarazioni di auspicio delle parti in causa, ma dopo solo due giorni di discussione, il ministro del commercio indiano Kamal Nath e il ministro degli esteri brasiliano Celso Amorim hanno lasciato i tavoli del negoziato, perché per loro era "inutile" continuare a trattare.
Sarebbero state le reticenze di Usa e Ue a tagliare i sussidi ai propri agricoltori il principale ostacolo al raggiungimento di un accordo. Ma i rappresentanti dei paesi industrializzati si giustificano imputando il fallimento delle trattative all'irremovibilità dei paesi emergenti.
Sono le identiche dichiarazioni di un anno fa quando gli stessi attori, più Australia e Giappone, si erano riuniti a Ginevra senza giungere a nessuna conclusione.
La OMC è nata sancendo una condizione di squilibrio nell'ambito delle regole del commercio internazionale che favorisce i paesi industrializzati a danno dei paesi più poveri.
Seguendo questa rotta, fino a quando il negoziato commerciale rimarrà una lotta per ottenere maggiori spazi di esportazione per le imprese dei paesi industrializzati nei mercati esteri, contenendo al minimo le concessioni proprie, nessun summit potrà portare al raggiungimento di risultati equi e concreti.
Questo ulteriore fallimento rappresenta un serio colpo alla credibilità del sistema commerciale internazionale e dell'OMC e potrebbe porne in discussione la stessa esistenza.