Cerchiamo di capire con Daniela Coppola (nella foto), tutor del corso, perché nasce questo corso. Daniela Coppola, laurea e master in Studi Europei, master in cooperazione e sviluppo presso il Centro Europeo di Studi Avanzati dell’Università di Pavia, consulente del VIS dal 2001.
Domanda. Da quanto si vede nella presentazione, il corso, oltre a dare dei presupposti teorici, entra nel vivo della pratica della cooperazione. Non è pleonastico fare la storia della cooperazione?
D. Coppola. Conoscere i motivi che hanno portato alla definizione degli attuali strumenti e meccanismi della cooperazione allo sviluppo, a livello nazionale ed internazionale, è di fondamentale importanza se vogliamo comprendere l’evoluzione delle politiche di sviluppo, carpirne i limiti ed analizzare possibili riforme.
Per questo motivo il Corso parte dalla definizione del concetto di sviluppo umano, la base delle nuove teorie dello sviluppo, per poi passare ad analizzare i vari modelli e tipi di cooperazione che su di esso si fondano. Ci soffermeremo sui molteplici aspetti dello sviluppo umano toccando temi quali la sostenibilità, la partecipazione, le libertà, la tutela dei diritti umani…
Domanda. Si studia la cooperazione italiana e quella dell'Unione Europea. Perché è necessario analizzare i rapporti e le coerenze con le altre politiche di cooperazione?
D. Coppola. È bene essere consapevoli di ciò che avviene non solo a livello nazionale ma anche a livello sovranazionale. L’idea che l’Unione Europea sia un gigante economico ed un nano politico (come disse nel 1991 il Ministro degli esteri del Belgio citando una frase di Henry Kissinger) si riflette anche nella politica di cooperazione da essa implementata, dotata di strumenti molteplici e complessi che la rendono poco fluida. A conferma di ciò è il fatto che la politica di cooperazione viene gestita trasversalmente da più Direzioni Generali della Commissione Europea ed il DG Sviluppo nel corso degli anni ha subito una costante riduzione del proprio organico a favore del DG Relazioni Esterne.
Per fornire un quadro il più possibile comprensivo, il Corso non offre unicamente una panoramica sulle politiche di cooperazione italiana ed europea ma delinea anche i caratteri generali delle diverse tipologie di cooperazione: governativa-bilaterale, non governativa, multilaterale.
Domanda. La questione di genere è ormai un punto ineliminabile. Come si concretizza nella pratica della cooperazione?
D. Coppola. È solo negli ultimi decenni che le associazioni della società civile del Nord e del Sud del mondo hanno introdotto nel proprio lavoro la prospettiva di genere, per il godimento effettivo dei diritti umani anche da parte delle donne. Oggi le organizzazioni non governative di sviluppo esercitano importanti forme di lobby sui governi nazionali e presso le istituzioni internazionali. Anche all’interno della Cooperazione italiana l’interesse per la donna è relativamente recente e la sensibilità verso la partecipazione delle donne allo sviluppo è in costante crescita.
Le ONG italiane negli ultimi decenni si sono attivate per la promozione della donna nelle comunità più povere del mondo, basandosi sulla consapevolezza del ruolo centrale svolto dalla componente femminile sul benessere sociale delle comunità. In termini pratici, è stata assunta un'ottica di genere come elemento “trasversale” per il perseguimento dello sviluppo.
Domanda. Quali sono gli strumenti che il corso di Cooperazione mette a disposizione di chi intende dedicarsi a questa professione e a chi si rivolge?
D. Coppola. Il Corso si rivolge ad un pubblico molto vasto ed eterogeneo. Essendo un corso “base” vi possono accedere anche coloro i quali non abbiano esperienza nel settore. È naturalmente necessaria una buona dose di interesse nella materia, di abilità di analisi e di capacità di sintesi.
Normalmente tra gli studenti di una stessa edizione sono presenti professionisti già impegnati nella cooperazione (sia governativa che non governativa) insieme a persone che per la prima volta si avvicinano a questo mondo. Il diverso background culturale e professionale degli studenti è quello che rende possibile la creazione di una “comunità di apprendimento” a tutti gli effetti. Il Corso offre ai partecipanti la possibilità di acquisire conoscenze sui principali temi e nodi critici della cooperazione internazionale. Non si tratta di “assorbire” passivamente una serie di nozioni leggendo il materiale online ma piuttosto di analizzare e soffermarsi in maniera critica su alcune questioni prendendo spunto dal testo della lezione. I partecipanti sono i veri artefici del corso, sono loro che lo rendono vivo e lo arricchiscono contribuendo con considerazioni ed esperienze personali.
Domanda. Quali sbocchi possono intravedere giovani con una preparazione orientata in tal senso?
D. Coppola. Parlare di sbocchi professionali come diretta conseguenza del Corso è forse un po’ avventato. Molti candidati ci chiedono infatti se a conclusione del Corso sia previsto un periodo di stage presso una ONG (o presso lo stesso VIS). Purtroppo ciò non è contemplato ed in fase di iscrizione si sottolinea come i corsi offerti dal Centro di Formazione allo Sviluppo Umano non siano orientati ad una futura assunzione, ma piuttosto alla conoscenza e all’approfondimento di quelli che sono i temi relativi allo sviluppo umano.
Naturalmente questo non esclude, come in effetti è successo in alcune passate edizioni, che alcuni corsisti inizialmente estranei al mondo della cooperazione internazionale abbiano avviato un percorso professionale in questo ambito.
Spesso accade che a conclusione del Corso di Cooperazione gli studenti decidano di proseguire il percorso formativo iscrivendosi ad un secondo corso che approfondisca uno dei temi affrontati come la progettazione o i diritti umani.