Sempre sotto i riflettori la Cina continua a fare la "prima donna" sulla scena internazionale, questa volta scendendo in campo a favore della salvaguardia dell'ambiente.
Il grande colosso mondiale, infatti, ha deciso di iniziare a contenere le proprie immissioni in atmosfera e il proprio livello di inquinamento adottando una serie di misure preventive degne di merito. Obiettivo: uno sviluppo più rispettoso dell'ambiente.
Dopo i severi limiti alle emissioni delle automobili (la legge del 2004 fissa regole più dure che negli Usa) e il boom delle fonti rinnovabili, le autorità di Pechino hanno annunciato la messa al bando della produzione di sacchetti di plastica. Il divieto, che entrerà in vigore dal prossimo primo giugno, riguarda le buste realizzate con materiale sottile (sotto i 0,025 millimetri di spessore), mentre quelle più spesse e resistenti potranno continuare a essere usate. I negozianti saranno obbligati però a farle pagare ai consumatori, indicandone chiaramente il prezzo alla cassa, dissuadendoli quindi da un uso indiscriminato.
Stime attendibili parlano di circa tre miliardi di buste di plastica utilizzate ogni giorno nel paese.
Quantità davvero ragguardevoli che creano al paese due ordini di problemi oggi assai considerevoli. Il primo riguarda lo smaltimento di cotanta plastica esclusa dai processi di riciclaggio e il secondo la necessità di diminuire le enormi importazioni petrolifere. Per produrre il suo fabbisogno di buste, la Cina deve raffinare ogni anno 5 milioni di tonnellate di greggio (37 milioni di barili).
Inutile a dire che non saranno certo l'adozione di questi provvedimenti ad interrompere gli ordini di petrolio verso il paese del sol levante ma forse un processo di cambiamento è in atto.
Anche in Italia si è tentato di far fronte al problema ma senza raggiungere risultati significativi: la piaga dei sacchetti di plastica imperversa ancora. La precedente legislatura ne fissò la messa al bando entro il 2010, motivando la scelta sia con la necessità di ridurre la produzione di rifiuti, sia come forma di incentivazione all'industria nazionale dell'agri-tech attraverso la produzione di surrogati di origine vegetale: nell'anno appena trascorso non è stato fatto neppure un passo per rendere operativa questa scelta.
Cina - Italia uno a zero?