2 febbraio 2016 - Erano in molti ad aspettare, soprattutto in Burundi, il vertice dell’Unione Africana per l’invio di truppe internazionali a Bujumbura, pur senza l’accordo con il presidente Pierre Nukurunziza. Il summit, però, si è concluso con un nulla di fatto che lascia la situazione ancora di più sul filo del rasoio. Secondo le Nazioni Unite, dall’inizio delle ostilità, almeno 439 persone sono morte e 240mila fuggite dalle loro abitazioni.
Invece di una forza di peacekeeping, l’Ua invierà adesso a Bujumbura un comitato ancora da definire in una data ancora da stabilire per promuovere il “dialogo inclusivo” tra le due parti con l’obiettivo, secondo quanto riferiscono i media internazionali, di far cambiare idea a Nkurunziza.
L’Unione Africana aumenterà inoltre il numero di osservatori, da 20 a 100, anche in questo caso previa approvazione da parte di Bujumbura.
La decisione è stata il risultato di un vertice in cui, nonostante l’assenza del presidente burundese Nkurunziza, alcuni capi di stato, tra cui quello del Gambia e della Guinea Equatoriale, si sono schierati in suo favore.
Insomma, il sistema dell’Unione Africana lascia ancora il Burundi ai suoi problemi, paralizzata dagli interessi dei capi di stato.
È ancora molta la strada da fare per l’Ua per impegnarsi in favore del rispetto dei diritti dell’uomo. Il dossier Burundi è stata purtroppo un occasione persa per cambiare la rotta.