16 giugno 2015 - La settimana appena trascorsa in Burundi è stata caratterzzata da una radicalizzazione delle posizioni dei due campi che si affrontano riguardo al terzo mandato del Presidente Nkurunziza. Le manifestazioni sono continuate in alcuni quartieri della capitale, soprattutto a Cibitoke, Musaga e Buyenzi dove sono stati registrati dei morti negli scontri con la polizia. In altri quartieri le strade interne hanno sempre delle barricate. Cortei di manifestanti sono segnalati all’interno del paese a Kibago (Makamba), Mugonogomanga e Mugamba con scontri con la polizia.
Il governo annuncia la fine delle manifestazioni mentre l’opposizione dichiara che le manifestazioni sono diminuite d’intensità soprattutto a causa della repressione violenta della polizia che ha fatto più di cinquanta morti, centinaia di feriti e di arresti. Lo stesso governo attraverso il portavoce del Ministero delle sicurezza pubblica accusa i giornalisti internazionali di pagare i giovani per fornire prove e testimonianze di manifestazioni a Bujumbura contro il terzo mandato.
Intanto secondo il direttore dell’agenzia umanitaria dell'Unione Europea ECHO, circa 800 burundesi passano ogni giorno la frontiera della Tanzania per cercare rifugio e sfuggire alle minaccie che sentono pesare su di loro all’avvicinarsi delle elezioni.
Continuano gli arresti di persone dei partiti dell’opposizione. Il rappresentante provinciale del partito MSD di Ngozi è stato arrestato alla frontiera con il Rwanda perché avrebbe insultato il capo dello stato durante un meeting.
Lunedi 8 giugno la Commissione Nazionale Elettorale Indipendente (CENI) ha proposto le date delle elezioni, il 26 giugno per le parlamentari ed il 15 luglio per le presidenziali. L’opposizione ha boicottato la riunione non riconoscendo alla CENI, ridotta a tre membri invece di cinque, una legalità per prendere le decisioni.
Successivamente il portavoce del governo ha ribadito ancora una volta che il terzo mandato del presidente non è negoziabile. Ne è seguita una serie di dichiarazioni dei rappresentanti del Frodebu, partito storico del presidente Ndadaye assassinato nel 1993 che aveva provocato l’inizio delle guerra civile, del partito di Agathone Rwasa, altro leader hutu strorico della ribellione, invitando al boicottaggio delle elezioni perché organizzate in un clima di repressione e di violazione della costituzione e degli Accordi di Arusha.
Il Presidente della Repubblica ha pubblicato due decreti, il primo sulle date delle elezioni ed il secondo sulla CENI datato al 30 maggio (quindi prima delle dimissioni dei due membti) e che stabilisce la possibilità di funzionamento anche con tre membri invece di 5, anche se in violazione dell’articolo 90 della Costituzione secondo le opposizioni. Secondo tale articolo i membri devono essere 5 e devono essere presentati e votati dinanzi alla Camera dei deputati e del senato, prima di essere confermati per decreto. Il governo, dopo le dimissioni, ha cercato altri due candidati e li ha presentati alle due camere in modo da conferire alla nomina una varvenza di legalità. L'opposizione ha parlato invece di "una mascherata".
Il Procuratore della Repubblica ha confermato la chiusura delle Radio private, distrutte durante il mancato colpo di stato.
L’opposizione e la società civile hanno interotto il dialogo con il governo e chiesto in una corrispondenza con il Segretario Generale delle Nazioni Unite di cambiare il mediatore Said Djinnit considerato di parte. Il mediatore ha dato le sue dimissioni e si attende la nomina di un altro inviato speciale.
L’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti dell’uomo, Zeid Ra’ad Al Hussein, il 9 giugno 2015 ha dato voce in una sua dichiarazione alle testimonianze dei rifugiati nei campi fuori dal Paese secondo cui il Burundi starebbe andando verso la guerra civile. Secondo il diplomatico tutto questo a causa “ di un piccolo gruppo di persone determinate a conservare o prendere il potere ad ogni costo”.
Ha generato polemiche un messaggio inviato da dei dirigenti del Ministero degli Affari esteri burundese alle loro sedi diplomatiche di Parigi, Berlino e Bruxelles in cui si invita il personale delle ambasciate a non rilasciare dei visti ai cittadini belgi ma di inviare prima il loro Curricul Vitae a Bujumbura per un'analisi più dettagliata. Il messaggio è stato subito smentito dagli interessati e poi in un comunicato del Ministero stesso. Il testo inviato metteva in guardia le ambasciate su una possibile infiltrazione di ex-soldati belgi sotto copertura diplomatica o di ONG per organizzare delle manifestazioni.
Si è tenuto in questi giorni a Johannesburg la riunione annuale dell’Unione Africana. Ci sono state delle discussioni tra i capi di stato a porte chiuse ma nelle risoluzione finale del Consiglio di Pace e di Sicurezza la questione del terzo mandato di Nkurunziza non è stato affrontato. Queste le risoluzioni tuttavia importanti prese dal Consiglio di Pace e Sicurezza:
Si attende dunque la risposta del governo burundese a queste raccomandazioni dell’Unione Africana che rimettono in discussione ancora una volta le date del 29 giugno, del 15 luglio.