7 aprile 2016 - Lo scorso primo aprile si è corsa l'annuale Maratona di Betlemme. Vi proponiamo qui sotto una testimonianza di questa splendida giornata.
Nonostante fossero solo le 6 di mattina e le precedenti giornate sono state abbastanza fresche, sento già un piccolo tepore attorno a me. Anche il mio corpo è già caldo e probabilmente è solo l’eccitazione per la giornata che sarà! Oggi infatti si correrà la Maratona di Betlemme, un evento sportivo volto a dare risonanza alla situazione della Palestina, che al momento è una nazione riconosciuta solo sulla carta, composta da un arcipelago di città arabe circondate da un muro di oltre 8 metri ed accerchiate dalle colonie e dalle installazioni militari israeliane e la cui capitale si trova sotto occupazione dall’alba dei tempi, con l’ultimo avvicendamento di potenza straniera avvenuto nel ’67.
Quasi 4400 persone si sono riunite sotto l’egida della rivendicazione del diritto allo spostamento, il “Right to Movement”, così come è definito dall’Articolo 13 della Carta dei Diritti dell’Uomo adottata dalle Nazioni Unite. Mentre oltre il 45% erano donne, con abiti che variavano dalla copertura da capo a piedi lasciante liberi solo occhi e mani ad abiti che scoprivano spalle e cosce, il clima festoso ha favorito oltre alla partecipazione di vari atleti anche quella di bambini e famiglie.
Il momento che più mi ha divertito è stato quando, all’ingresso del campo profughi di Aida, che si trova ormai inglobato nella municipalità di Betlemme, un pastore con la classica kefiah ha transitato per una delle piccole stradine con il suo gregge di pecore mentre la mandria di persone ancora compatta di persone gli è corsa incontro. L’ho vissuto come lo scontro di civiltà che più mi piace e che si è risolto con tanti sorrisi qualche battuta ed il viso teso del pastore timoroso che lo spavento avrebbe portato le bestie a produrre meno latte del solito!