15 novembre 2010 - Lo scorso 13 novembre 2010 è stata finalmente liberata Aung San Suu Kyi: è apparsa ai cancelli della sua abitazione e ha salutato commossa la folla di sostenitori che si era radunata appena si era diffusa la notizia a Yangon. Lo scorso 13 novembre 2010 scadevano i 18 mesi di arresti domiciliari, che le erano stati inflitti per il tentativo di raggiungerla da parte di un americano, dopo la condanna a precedenti sette anni che le erano stati comminati dalla giunta birmana, che sommati a ulteriori condanne hanno portato a quasi 15 gli anni di arresti domiciliari per il premio Nobel per la pace 1991.
MIGLIAIA AD ACCOGLIERLA - La notizia si è subito diffusa tra i sostenitori della leader dell'opposizione birmana, che sono accorsi in migliaia davanti alla sua abitazione per festeggiare la liberazione, che è avvenuta la settimana dopo le elezioni-farsa (secondo gli osservatori occidentali) volute dalla giunta militare. I primi a entrare nell'abitazione di Aung San Suu Kyi sono stati il suo medico personale e il legale, il quale il 30 settembre, quando era stata annunciata la liberazione della donna per il 13 novembre, aveva dichiarato: «Ci crederò quando la vedrò». Funzionari birmani sono entrati nell'abitazione di Aung San Suu Kyi verso le 17 (le 11,30 in Italia) per leggerle l'ordine di liberazione emesso dalla giunta. «Adesso è libera», ha detto il responsabile birmano anonimo.
LE PRIME PAROLE - Il Nobel è poi apparso ai cancelli della sua abitazione. «Dobbiamo lavorare assieme per raggiungere il nostro obiettivo», sono state le prime parole di Suu Kyi, la quale ha chiesto ai suoi sostenitori di riunirsi domenica a mezzogiorno (alle 6,30 in Italia) al quartier generale del suo partito, la Lega nazionale per la democrazia (Lnd), per ascoltare il suo primo discorso ufficiale. «C'è un tempo per restare tranquilli e un tempo per parlare», ha concluso prima di ritornare in casa per un incontro con i dirigenti della Lnd.
Aung San Suu Kyi ha poi aggiunto che bisogna lavorare con tutte le forze democratiche, senza perdere la speranza per un futuro migliore. «La base della democrazia è la libertà di parola - ha detto il premio Nobel per la pace - e anche se penso di sapere cosa volete, vi chiedo di dirmelo voi stessi. Insieme, decideremo quello che vogliamo, e per ottenerlo dobbiamo agire nel modo giusto. Non c'è motivo di scoraggiarsi», ha proseguito Suu Kyi, 65 anni, aggiungendo poi di «non provare rancore» verso la giunta militare che l'ha privata della libertà per 15 degli ultimi 21 anni.
ITALIA - Per il ministero degli Esteri italiano la liberazione di Aung San Suu Kyi «è il frutto dell'azione di sostegno e di ininterrotta solidarietà espressa dalla comunità internazionale: un'azione che ha visto impegnata l'Italia, la Farnesina e il ministro Frattini personalmente, e l'Ue nelle sue diverse articolazioni, incluso il rappresentante speciale dell'Ue on. Fassino», ha detto il portavoce della Farnesina Maurizo Massari, che «auspica che la liberazione rappresenti un primo segnale di apertura del governo di Rangoon per avviare un dialogo con l'opposizione e un processo di apertura sul fronte delle libertà democratiche e il rispetto dei diritti che è fortemente auspicato dalla comunità internazionale». Il rilascio di Aung San Suu Kyi è «un passaggio essenziale e decisivo per la Birmania», ha dichiarato a Sky Tg24 Fassino, inviato speciale dell'Unione Europea per la Birmania.
(Fonte: Corriere on-line del 13 e 16 novembre 2010)