13 aprile 2016 - “Ivan, ma cosa sta succedendo in Angola?”
“Magari in Italia non se ne è parlato molto, ma secondo gli esperti stiamo vivendo la peggiore epidemia di febbre gialla degli ultimi 50 anni. E sta accadendo proprio qui, a Luanda, la capitale dell’Angola..”
Inizia così la storia che ci racconta Ivan, Operatore del VIS in Angola.
Il focolaio è iniziato in sordina, quasi innavertito, senza che i mass media e le autorità ne dessero notizia. A dicembre 2015 si sono registrati i primi casi a Viana, un Municipio della periferia della capitale Luanda, a circa 30 kilometri dal centro della città. In questi sobboghi il paesaggio urbano è molto differente dall’aggressivo skyline dei grattacieli del centro di Luanda, costruiti negli ultimi anni grazie al capitalismo selvaggio delle multinazionali del petrolio, dei diamanti e dell’edilizia. Viana, come altri centri della periferia luandese, è una distesa uniforme di “casette” ad un solo piano, costruite con blocchi di cemento e coperte da lamiere. Strette e irregolari stradicciole non asfaltate separano isolati e quartieri; buchi, pozzanghere, acque stagnanti e molto spesso vere e proprie fogne a cielo aperto si alternano ad ammassi maleodoranti di immondizia che non viene raccolta da mesi. Il sistema di scolo fognario e di drenaggio delle acque piovane è inesistente e le autorità municipali da tempo non riescono a pagare la raccolta dei rifiuti, attanagliate dalla crisi finanziaria causata dalla caduta del prezzo del greggio da cui l’economia angolana dipende pesantemente. Questa mancanza assoluta di condizioni igenico-sanitarie è un brodo di coltura eccezionalmente fertile per la zanzara Aedes aegypti, il vettore della febbre gialla, una febbre emorragica virale presente nelle aree tropicali e subtropicali dell’Africa e del Sud America. Questa malattia infettiva era stata eradicata da molte aree del Pianeta, ma a causa del degrado socio-economico ed ambientale degli ultimi anni la Aedes aegypti negli ultimi 25 anni ha ripreso ad estendersi in parte delle zone da cui era stata eliminata e il rischio di epidemie urbane è aumentato, proprio come il caso dell’Angola.
In gennaio e in febbraio il numero di casi accertati nel municipio di Viana ha iniziato a crescere esponenzialmente, e a diffondersi anche nei municipi limitrofi, Cazenga e Bela e infine anche nei quartieri del centro urbano: Mainga e Ingombota. Gli ospedali in poco tempo si sono saturati, i contagiati in pericolo di vita hanno cominciato ad affluire in massa, da poche decine al giorno, in gennaio, a centinaia di casi quotidiani per ogni ospedale, in marzo. Camerate e letti sono risultati presto insufficienti e le strutture sono collassate. I pazienti hanno cominciato a venire letteralmente stipati nei corridoi e negli atrii delle cliniche, a volte sistemati alla meglio per terra. Per capire il rapido aumento dei contagi bisogna infatti tenere conto di una serie di fattori importanti di questa patologia. In maniera similare alla malaria, e ad altre malattie infettive tropicali, la febbre gialla si trasmette da un individuo infetto ad uno sano attraverso la puntura di una zanzara. A differenza della malaria, però, la Aedis aegypti è in grado di trasmettere il virus anche alle sue uova. Quindi, mentre la malaria si mantiene sempre a livelli che, seppur alti, sono costanti e sostenibili, il virus della febbre gialla si moltiplia rapidamente e può esplodere in epidemie difficili da arrestare. La situazione attuale di Luanda è stata definita da alcuni esperti in salute pubblica come una vera e propria bomba a orologeria, trattandosi di un contagio che segue uno schema urbano in un contesto di più di sei milioni di abitanti. Infatti, negli ultimi tempi, nuovi casi di infezione si sono registrati in ben 16 delle 18 Provincie del Paese, in particolare a Huambo, la terza città del paese. La preoccupazione è dovuta al fatto che si tratta di casi di trasmissione locale in cui gli individui infetti non sono stati o non hanno viaggiato a Luanda, ma hanno contratto il virus localmente.
Il periodo di incubazione del virus varia da tre a sei giorni. Solo il 15% dei casi entrano nella fase tossica della malattia con danni epatici e renali. La fase tossica è fatale solo nel 20% dei casi, rendendo il tasso di mortalità generale del 3%, ma durante le epidemie gravi la mortalità può superare il 50%. Nel caso dell’Angola i decessi per febbre gialla ufficialmente accertati fino al 31 marzo sono stati 218, ma data la difficoltá nel diagnosticare la malattia (i cui sintomi sono facilmente confondibili con quelli della malaria, dengue e chikunguya) e a causa dell’assenza di laboratori all’altezza di offrire questo servizio (per esempio i test vengono mandati al Laboratorio Regionale di Dakar che risponde in 3-4 settimane), queste cifre rappresentano probabilmente solo la punta di un iceberg le cui reali dimensioni sono molto difficili da immaginare.
Secondo l’opinione generale della popolazione, confermata da una fonte anonima del Ministero della Salute, in questo momento stanno morendo più di 80 persone al giorno per ospedale. La situazione è particolarmente critica nell’Ospedale Pediatrico di Luanda, dato che il virus colpisce soprattutto giovani e bambini. Nei corridoi dell’ospedale centinaia di madri si stendono per terra disperate per la condizione dei loro figli. Molti di questi muiono nelle loro braccia. Su Internet si vedono raccapriccianti video sfuggiti dal controllo della censura del regime che mostrano la situazione negli obitori cittadini stracolmi di cadaveri e casse mortuarie, a tal punto che i famigliari sono costretti a lavare e preparare i cadaveri per la sepoltura per strada, in assenza delle piú elementari condizioni di igiene. Io stesso ho più volte visto passare per strada carri funebri carichi di bare di piccole dimensioni. Malattia e povertà generano episodi drammatici: ho sentito il racconto di un padre disperato a cui era morto il figlio in braccio perchè non era riuscito ad elemosinare in fretta i soldi del trasporto pubblico per l’ospedale..
Ivan Sella
Operatore del VIS in Angola