28 marzo 2014 - L’Università di Betlemme è stata la sede della conferenza “Agrobiodiversity in Palestine: Lessons Learned and challenges for the future”, organizzata dalla nostra ong e da OVERSEAS con la partecipazione dell'Università di Bologna.
"Tutto è partito da Cremisan e dalla volontà di studiare le varietà d'uva locali non solo per produrre un vino che fosse interamente palestinese, ma anche per contribuire a riscostruire il patrimonio culturale palestinese che passa anche attraverso l'agricoltura e la riscoperta di semi e piante veramente Palestinesi. Riapproriarsi e ricordarsi delle colture tradizionali e un modo per contribuire alla costruzione di una nuova identita' palestinese che però poggia le proprie radici in una storia che è ben piu lunga del conflitto israelo-palestinese. "- spiega Luigi Bisceglia, volontario internazionale del VIS in Palestina. "Per questo, grazie alla collaborazione con l'Università di Hebron e dell'Istituto agronomico di San Michele All'Adige, siamo stati in grado di portare avanti uno studio che ci ha permesso di identificare 43 varietà di uve locali e poi di studiarle geneticamente. Abbiamo scoperto che si possono raggruppare in 21 diversi genotipi e che solo 8 di questi erano internazionalmente riconosciuti."
"Siamo stati i primi non solo in Palestina, ma anche nei Paesi a noi vicini a portare avanti una ricerca di questo tipo e ora il passo fondamentale sarebbe poter registrare queste varietà come varietà Palestinesi. Le varietà palestinesi sono state in parte dimenticate dagli agricoltori perchè sono passati alle varietà commerciali. il nostro sforzo è stato quello di informare gli agricoltori e far capire loro che le varietà locali possono essere piu' produttive, hanno meno complicazioni e sono piu' resistenti alla siccita' e alle malattie.- sttolinea Luigi Bisceglia.
Alla conferenza, la prima in questo specifico settore organizzata nei Territori Palestinesi, hanno partecipato il direttore dell’ Unità Tecnica Locale a Gerusalemme, Dr. Vincenzo Racalbuto, diversi decision makers locali e internazionali e tecnici del settore coinvolti nella definizione di agrobiodiversità come strumento di resilienza per le comunità locali e per la conservazione delle tradizioni locali/autoctone.
La conferenza, organizzata con la partecipazione di numerose Organizzazioni non governative locali e non quali ACS, l’Agricultural Development Association (PARC), l’ International Center for Agricultural Research in the Dry Areas (ICARDA) e il National Agricultural Research Center (NARC) ente di Ricerca del Ministero dell’Agricoltura, si inserisce nell’ ambito del progetto triennale finanziato dalla Cooperazione Italiana - Ministero degli Affari Esteri e cofinanziato dalla Regione Emilia Romagna dal titolo “Riduzione della povertà nelle aree rurali palestinesi attraverso la difesa e la valorizzazione della biodiversità nell’agricoltura biologica locale”, la cui conclusione e prevista il prossimo anno.
Nel corso della conferenza è stato evidenziato come l’agrobiodiversità sia l’insieme di tutte le componenti della diversità biologica rilevanti per l’agricoltura e l’agro- ecosistema utilizzata nei secoli dall’ uomo.
La cultura e il sapere locale possono essere considerati come parte integrante dell’ agrobiodiversità in quanto riguardano le conoscenze legate alle tecniche di coltivazione e agli usi tradizionali delle comunità locali che sono state custodite sino ai nostri giorni: E grazie all’ uomo che si forma e conserva la biodiversità agraria esistente e, come hanno ribadito i ricercatori durante la conferenza, “without seeds we cannot eat, that seed is sacred, that seed is life”.
L’ agrobiodiversità rappresenta un pilastro essenziale per lo sviluppo futuro sostenibile della Palestina. La perdita diretta di biodiversità innesca il deterioramento e l’impoverimento delle capacità di resistenza e resilienza degli ecosistemi.
Nel corso della conferenza è stato evidenziato dai ricercatori come, in Palestina, la limitazione di movimento degli agricoltori incentiva l’ abbandono delle terre che a sua volta ha un impatto negativo sulle coltivazioni e sull’ habitat delle “popolazioni” vegetali che tendono a scomparire.
Di conseguenza la varietà dei prodotti agricoli disponibili attualmente risulta essere molto inferiore a quelli disponibili negli anni passati.
“Lo stretto legame tra agrobiodiversità e cultura locale è la ragione per la quale la conservazione dell’ agrobiodiversità deve essere non solo garantita ma sostenuta; perdere la conoscenza dell’ agrobiodiversità significa perdere la memoria della Palestina” ha affermato il professore Rezq Salimia dell’ Università di Hebron.
Al termine della Conferenza, Luigi Bisceglia del VIS, ha ricordato che Overseas e VIS stanno lavorando per partecipare e quindi portare “La Palestina” all’evento mondiale Expo 2015 incentrato sul tema “Nutrire il pianeta – Energia per la vita” e la pubblicazione dal titolo “Agrobiodiversity in Palestine lessons learned and challenges for the future” è stata distribuita.