Kosovo, una terra dimenticata

Dopo cinque anni esatti dall’Operazione Ferro di Cavallo di Slobodan Milosevic e i bombardamenti su Kosovo e Serbia da parte delle Forze NATO, la Regione Balcanica rivive l’ennesima recrudescenza degli scontri tra le due etnie: la serba e l’albanese.
“Questo è quello che succede se dopo un conflitto non si agisce sulle sue cause più profonde. Dichiara Antonio Raimondi, presidente del VIS – Volontariato Internazionale per lo Sviluppo – Non basta garantire una pacificazione forzata con la presenza militare internazionale, in Kosovo dal 1999 e in Bosnia dal 1995, ma occorre lavorare sulla giustizia sociale e la riconciliazione, elementi essenziali per un pace vera e duratura.”

Il Kosovo vive una grande incertezza politica ed economica. Infatti non si conosce ancora quello che sarà il suo futuro: regione con una forte autonomia nella Repubblica di Serbia e Montenegro o stato indipendente. A livello economico basta ricordare il dato del 57% del tasso di disoccupazione tra la popolazione attiva.

“L’Europa – prosegue Raimondi – dovrebbe preoccuparsi seriamente della stabilizzazione, attraverso processi di sviluppo umano, dei Balcani, prima di avventurarsi in altri contesti, magari provocando “a fin di bene” altri conflitti. Infatti è sconcertante la mancanza di fondi pubblici per co-finanziare i nostri progetti di formazione professionale, che portiamo avanti da oltre cinque anni, in tutta la Regione. Ci ripetono tutti che oggi le priorità sono altre, magari Afganistan e Iraq. Vorrei ricordare a tutti, ma proprio a tutti, le scene drammatiche che ci hanno accompagnato negli anni novanta.” Allora cosa fare?

“Chiediamo all’Italia, in primo luogo, di farsi garante nell’Unione Europea dell’effettiva realizzazione del Patto di Stabilità per i Balcani e poi di effettuare tutti gli sforzi diplomatici per risolvere in tempi brevi il futuro politico del Kosovo per evitare quella pesante incertezza che non giova allo sviluppo sociale, economico ed umano della Regione.”