Da un volontario in Libano alcune riflessioni dal suo arrivo agli scontri degli ultimi giorni

Appena arrivato in Libano la prima cosa che ho pensato è stata: ma siamo sicuri che questo paese abbia bisogno di aiuto? Negozi occidentali, boutique di alta moda, fast-food ovunque, macchine extra-lusso (Bmw, Mercedes, Ferrari), donne vestite Armani e curate come principesse.

Tutto già’ visto, scontato, vuoto, noioso.E la sensazione è durata per tutto il viaggio dall’areoporto di Beirut fino al bellissimo centro Salesiano di Fidar ad una quarantina di chilometri, dove le mie paure hanno avuto conferma: un susseguirsi di concessionarie di macchine, ristoranti, night clubs, centri commerciali e soprattutto di squallidi edifici grigi che fanno a gara a chi rovina meglio la costa senza lasciar intravedere nemmeno uno spiraglio di mare.

La prima impressione è stata molto negativa.Passati due mesi, il fastidio causato dalla bruttezza di ogni costruzione e dalla brutalizzazione della costa è rimasta, però ho scoperto qualcos’altro.

Innanzitutto l’incredibile complessità di un paese in realtà minuscolo: il Libano non ha il fascino suggestivo o la magia del Sud America o dell’Africa, spazzati via dalla fame di modernità, ma conserva l’intensità della storia e della complessità sociale, politica e religiosa del Medio Oriente.

Secondariamente il lato umano, l’anima del Libano, il motivo per il quale tutte le persone che ci sono state mi ammiccavano con complicità, come a dire: “Vedrai, ti divertirai”

In Libano, o meglio nella parte cristiana del Libano, la sola che per ora conosco, le persone amano la vita, amano mangiare, uscire, divertirsi e soprattutto socializzare. Sono tutti gentilissimi e con un incredibile e commuovente senso di ospitalità.

Tutto ruota intorno alla famiglia e ai pasti; credo che i Libanesi siano le persone più golose che abbia mai incontrato. Se a questo aggiungiamo che le donne sono belle e gentili in effetti il problema degli edifici diventa secondario.

Ed è con questo stato d’animo e predisposizione che ho vissuto tutte le vicende e tensioni interne degli ultimi mesi, convinto in realtà che fossero in gran parte esagerazioni della stampa locale ed internazionale.

Questo fino a Domenica, quando la comunicazione di massima allerta dell’Ambasciata ma soprattutto gli elicotteri e i carri armati dell’esercito mi hanno riportato tristemente alla realtà ed ho finalmente vissuto sulla mia pella cosa significhi la parola “polveriera”.

Fino ad una settimana fa la situazione mi sembrava tesa ma abbastanza sotto controllo, poi di colpo si parla di guerra civile, morti, bombardamenti.......E i passaggi in mezzo? E poi i problemi erano al Sud ed i “cattivi” erano quelli del Partito di Dio, Hezbollah.

Perché in questi giorni gli elicotteri e le colonne dell’esercito vanno al Nord e si parla di Fatah al Islam, estremisti palestinesi, Al Qaeda? Ma chi sono? Da dove saltano fuori? Calma, uno alla volta, sono confuso!

In mezzo a tutto questo c’è la gente comune colpita dalla disoccupazione e che non ne può più. La cosa che più mi sorprende è che le persone con cui parlo non solo non vogliono la guerra ma nemmeno capiscono chi sia a volerla? La Siria? Israele? E’ come se si trattasse di una guerra di altri sul loro territorio.

Tomaso Bertolini